Iana Salenko in una magistrale interpretazione della “Morte del cigno”.

“La morte del Cigno” divenuto l’emblema del nuovo balletto russo, è una combinazione di tecnica ed espressività che coinvolge tutto il corpo, non solo gli arti, un esempio di come la danza possa soddisfare non solo l’aspetto visivo, ma penetrare anche nell’anima, generando emozioni e immaginazione.

“Impara a danzare altrimenti gli angeli del cielo non sapranno che farsene di te” si è aperta ed è terminata con la citazione di Sant’Agostino, proiettata su un grande schermo e ripresa dal sociologo Domenico De Masi, la serata Duets and Solos, a cura di Daniele Cipriani nell’ambito del Ravenna Festival 2020, dove il pubblico, contro ogni previsione, è accorso numeroso, ad assaporare la bellezza di una ripartenza all’insegna dell’eccellenza.

La magia è iniziata sulle note di “Aria” dalle Variazioni Goldberg BWV 988 suonata da un’altra eccellenza italiana, la pianista Beatrice Rana, alla quale si è affiancato il violoncello di un altro “grande” nome della musica, Mario Brunello: entrambi hanno suonato “Le Cygne” da “Le carneval des animaux” di Camille Saint-Saëns mentre l’ucraina Iana Salenko (Opera di Berlino) si è esibita in una commovente e palpitante Morte del cigno di Michel Fokine, uno dei brani del repertorio classico più conosciuti al mondo e danzato dalle più grandi ballerine.

“The Dying Swan” o “La Morte del Cigno” è un breve ma intenso balletto in cui la danzatrice interpreta un cigno morente. Il titolo originario del balletto era Il Cigno ma in seguito, grazie alla intensa e drammatica interpretazione di Anna Pavlova, fu chiamato La morte del cigno. Tra il cigno morente e la Pavlova si stabilì una vera e propria identificazione: nel parco della sua villa di Londra la danzatrice teneva infatti un cigno cui era particolarmente affezionata e del quale studiava attentamente tutte le movenze per poterle riprodurre al meglio sulla scena. Si racconta addirittura che la Pavlova, sul suo letto di morte a L’Aja, gridò: “Datemi il mio costume di cigno!“.

Ogni ballerina che lo interpreta, indossa un tutù bianco con piume applicate e di solito anche la sua testa è cinta da piume. Fondamentale è il movimento delle gambe basato sul “pas de bourèe suivi” e naturalmente le movenze delle braccia che ricordano il batter d’ali di un cigno. Tutte le più grandi ballerine hanno danzato almeno una volta questa celebre performance che continua ad essere interpretata tutt’oggi nei più grandi teatri del mondo. Una delle interpretazioni rimaste nella storia è quella di Maya Plisetskaya mentre nei tempi recenti si sono distinte le russe Svetlana Zakharova e Ulyana Lopatkina come “cigni per antonomasia”.

La coreografia è del grande

e la struggente musica è di Camille Saint-Saëns tratta dal “Carnevale degli Animali”. Nonostante la performance abbia uno schema determinato, è spesso soggetta a lievi modifiche, sfumature diverse, passi aggiuntivi che concorrono a delineare l’interpretazione di ogni ballerina.

Guardare “The Dying Swan” dona grandi emozioni a partire dall’entrata della ballerina-cigno con piccoli passi in punta di piedi agitando moderatamente le braccia, si continua con morbidi movimenti delle braccia, della testa, attitudes, pose a terra con cui, rialzandosi a fatica, si esprime tutta la sofferenza di un essere che sta per esalare l’ultimo respiro. Seguono movimenti incerti come piccoli arabesque appena accennati ed inclinazioni del corpo. Il brano termina con una lenta discesa a terra fino al momento in cui il cigno si piega su se stesso.

Veder danzare Iana Salenko ne “La Morte del Cigno”, è stato molto emozionante! Un pezzo difficile per tecnica e, soprattutto, per interpretazione.

LF Magazine
Foto: Massimo Danza