Stella Abrera e Robert Fairchild in “Apollo” – Pas de deux.

In occasione del “Les Étoiles Gala Internazionale di Danza” a cura di Daniele Cipriani, i due ballerini, esibitisi per la prima volta insieme, hanno deliziato il pubblico in una armoniosa coreografia di George Balanchine.

La coppia, Stella Abrera e Robert Fairchild, entrambi provenienti dagli Usa, per la prima volta sul palco insieme in occasione de “Les Étoiles, gala internazionale di danza” a cura di Daniele Cipriani, ha danzato in una rigorosa interpretazione in bianco di un neoclassico, “Apollo”.

Apollo è un balletto suddiviso in due tableaux, composto tra il 1927 e il 1928 da Igor Stravinsky. Fu coreografato nel 1928 dal ventiquattrenne George Balanchine, con il compositore che contribuì al libretto. Le scene e i costumi sono stati disegnati da André Bauchant, con i nuovi costumi di Coco Chanel nel 1929. La scenografia è stata eseguita da Alexander Shervashidze, con costumi sotto la direzione di Mme. A. Youkine. La mecenate americana Elizabeth Sprague Coolidge aveva commissionato il balletto nel 1927 per un festival di musica contemporanea che si sarebbe tenuto l’anno successivo presso la Library of Congress di Washington, DC.

La storia è incentrata su Apollo, il dio greco della musica, che viene visitato da tre Muse: Tersicore, musa della danza e del canto; Polyhymnia, musa del mimo; e Calliope, musa della poesia. Il balletto prende come soggetto l’ antichità classica, sebbene la sua trama suggerisca una situazione contemporanea. Si occupa della reinvenzione della tradizione, poiché la sua ispirazione è barocca, classica o addirittura post-barocca /rococò /galante.

Viene eseguito per orchestra da camera di 34 strumenti ad arco.

Il pas de deux, di Apollo e Tersicore, nello specifico, è stato definito il culmine melodico-lirico del balletto. Lo è sicuramente anche dal punto di vista della coreografia con un avvicinamento progressivo dei due personaggi che, partendo dallo sguardo, man mano che entrano i diversi strumenti, arrivano a tenersi per mano.

Sul ritmo dato dal pizzicato dei violini, si alternano gli arabesque penchée della musa e la camminata alla “Charlot”. Su questo ritmo Tersicore viene fatta scivolare in spaccata a terra, per poi essere risollevata in arabesque.

Sullo stesso ritmo Apollo esegue dei demi-tours con la musa sollevata. Tersicore riempie lo spazio tra la lunga e l’inizio della breve (come fanno i pizzicati dei contrabbassi) con movimenti delle braccia.

Sugli accordi finali vediamo il formarsi dell’ultima figura di questo pas de deux. I due ballerini sono in cambré e Apollo accoglie Tersicore nel suo arco, formando, con lei, un’unica figura.

Stravinsky ha scritto per un insieme omogeneo di strumenti ad arco, sostituendo i contrasti dinamici ai contrasti timbrici impiegati in PulcinellaIl balletto si ispira alla grande tradizione della musica francese del XVII e XVIII secolo, in particolare quella di Lully, fonte a cui Stravinsky tornò quando compose Agon nel 1957.

Il prologo inizia con ritmi puntati nello stile di un’ouverture francese. Il lavoro si basa su una cellula ritmica di base, presentato all’inizio del lavoro, che Stravinsky trasforma per suddivisioni di valori successivi che diventano sempre più complessi. Stravinsky ha rivisto leggermente la partitura nel 1947. Nel 1963, ha voluto apportare ulteriori modifiche.

In accordo con i desideri di Stravinsky, lo stile di danza era essenzialmente classico, e Stravinsky pensava che “Apollon musagète” fosse un balletto bianco, cioè vestito nel tradizionale bianco minimale. Balanchine in seguito ha detto che quando ha ascoltato la musica di Stravinsky, tutto ciò che poteva vedere era un bianco immacolato. La chiarezza, la calma, persino la serenità della musica la fanno sembrare infinitamente lontana dalla vivace eccitazione dei primi balletti di Stravinsky. L’evitamento di qualsiasi conflitto nello scenario, di qualsiasi intento narrativo, psicologico o espressivo, è stato ulteriormente accompagnato dai costumi monocromatici per i ballerini e dall’assenza di elaborate scene sul palco.

Gli scenari e i costumi per la produzione di Balanchine erano dell’artista francese André Bauchant. Coco Chanel fornì nuovi costumi nel 1929. Apollo indossava una toga rielaborata con un taglio diagonale, una cintura e allacciata. Le Muse indossavano un tutù tradizionale . La decorazione era barocca: due grandi gruppi, con alcune rocce e il carro di Apollo. Nella danza riemerse un certo accademismo nello stiramento e nel salto verso l’alto del corpo, ma il Balanchine piegò gli angoli delle braccia e delle mani per definire invece il genere del balletto neoclassico.

Lo scenario prevedeva la nascita di Apollo, le sue interazioni con le tre Muse, Calliope (poesia), Polyhymnia (mimo) e Tersicore (danza e canto) e la sua ascesa come dio al Monte Parnaso.

Per un revival con Mikhail Baryshnikov come Apollo nel 1979, ha anche omesso la prima variazione di Apollo e ha ri-coreografato il finale del balletto. Questa revisione si è conclusa non con l’ascesa di Apollo al Monte Parnaso, ma piuttosto con lo spostamento del tableau “pavone” delle Muse in arabeschi di altezza crescente accanto ad Apollo, che originariamente era avvenuto leggermente prima, fino alla posa finale. Nella messa in scena del 1980 per il New York City Ballet , la prima variazione di Apollo fu restaurata.

Suzanne Farrell ha restaurato la scena della nascita per la sua compagnia nel 2001, così come Arthur Mitchell per la sua performance al Dance Theatre di Harlem al Symphony Space ‘s Wall to Wall Balanchine in concomitanza con il centenario Balanchine del City Ballet e Iain Webb per The Sarasota Ballet ‘s Tribute to Performance di Nureyev nel febbraio 2015 (messa in scena da Sandra Jennings).

Balanchine accorciò il titolo ad Apollo negli anni ’50, cosa che lo stesso Stravinsky preferì. Nonostante il collegamento greco Balanchine-Stravinsky comunemente considerato a causa del successivo lavoro di Balanchine con le partiture di Stravinsky in Orfeo e Agon, la musica per Apollo fu commissionata dalla Biblioteca del Congresso. Orpheus può essere considerato un sequel di Apollo, ma Agon è un balletto formale senza trama il cui titolo in greco evoca una gara.

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Foto: Massimo Danza

Marianela Nuñez e Vadim Muntagirov in “La Bayadère” pas de deux, III atto.

Un altro armonioso “passo a due” tratto dal Gala Internazionale Les Étoiles a cura di Daniele Cipriani.

Marianela Nuñez e Vadim Muntagirov hanno dato vita, all’Auditorium Parco della Musica, ad un sensazionale pas de deux tratto da “La Bayadère”, creazione originale di Marius Petipa, in occasione de Les Étoiles Gala Internazionale di danza a cura di Daniele Cipriani, svoltosi alla fine di Gennaio 2020.

La musica fu composta dal compositore austriaco Léon Minkus, grande collaboratore di Petipa e Primo Compositore Imperiale del balletto del Teatro Imperiale di San Pietroburgo dal 1871 al 1886. La Bayadère è un tipico prodotto del periodo in cui venne scritta e montata: una storia melodrammatica, frammentata da vari episodi, che si svolge in una terra antica ed esotica, perfetto veicolo di danze e scene di mimo in atmosfere sontuose e ricche. In quegli anni, Petipa preferiva i soggetti della tradizione del balletto romantico, tipici balletti melodrammatici che coinvolgevano un triangolo amoroso e presentavano donne soprannaturali che racchiudevano l’ideale femmineo. La trama piuttosto tragica de La Bayadère è sicuramente conforme a questi modelli.

Le origini de La Bayadère sono piuttosto oscure e il dibattito è aperto su chi sia responsabile della creazione del libretto del balletto. Di solito nella San Pietroburgo zarista, prima del debutto, si pubblicava sul giornale il libretto, una lista di danze e un articolo che descrivesse la genesi del lavoro. Nel caso de La Bayadère non si citò nessun autore del libretto. Quando Petipa allestì di nuovo il balletto nel 1900, la Gazzetta di San Pietroburgo pubblicò il libretto, questa volta facendo il nome dello scrittore e drammaturgo Sergei Khudekov come autore. Petipa scrisse una lettera di rettifica all’editore del giornale nella quale affermava che solo lui era l’autore del libretto, mentre Khudekov aveva contribuito in minima parte come direttore di scena. Questa non era la prima volta che Petipa scriveva una simile rettifica: era già successo nel 1894 in occasione del balletto Il risveglio di Flora in cui si citavano come coreografi Petipa e Lev Ivanov. Nella lettera, Petipa asseriva che solo lui era responsabile della coreografia e Ivanov era semplicemente un assistente che aveva aiutato nell’allestimento delle danze.

Nel 1839, una compagnia itinerante di autentiche bayadere indiane visitò Parigi e lo scrittore Théophile Gautier scrisse quelle che forse furono le sue pagine più ispirate nel descrivere la ballerina principale della compagnia, la misteriosa Amani. Anni dopo, nel 1855, Gautier registrò il triste fatto che la ballerina si era impiccata a Londra durante una crisi depressiva e per ricordarla Gautier scrisse il libretto di Sacountala, derivato in parte da un lavoro teatrale del poeta indiano Kālidāsa. Il lavoro debuttò a Parigi il 14 luglio 1858 all’Opéra, allora nota con il nome di “Académie Royale de Musique”, con la musica di Ernest Reyer. La coreografia era del fratello di Marius, Lucien Petipa. Molti storici del balletto ritengono che qui stia la vera ispirazione per La Bayadère di Petipa.

Un altro lavoro con temi simili di un’India esotica che può aver ispirato Petipa fu l’opera-balletto in due atti di Filippo Taglioni dal titolo Le Dieu et la Bayadère ou La courtisane amoureuse, musica di Daniel Auber, presentato a Parigi il 13 Ottobre 1830 dalla compagnia dell’Académie Royale de Musique. Tra il pubblico ad assistere a questo balletto c’era anche il giovane Marius Petipa. Fu un successo enorme al quale parteciparono talenti quali il famoso tenore Adolphe Nourrit e la leggendaria ballerina Maria Taglioni nel ruolo della Bayadère (l’unica parte di questo balletto che ancora si balla oggi è appunto il sopra citato Pas de Deux, spesso usato nelle competizioni, noto come Grand Pas Classique, di solito presentato nella coreografia di Victor Gsovsky sulla musica di Auber).

Il balletto fu uno dei primi trionfi di Petipa al Teatro Imperiale a San Pietroburgo. La trama tratta temi particolarmente cari alle platee ottocentesche: esotismo, promesse amorose tradite, sentimentalismo, romanticismo, gusto per il soprannaturale.

Riassumendo l’esilissima trama, nel primo atto veniamo a conoscenza del guerriero Solor, innamorato della baiadera Nikiya a sua volta amata dal Bramino. Nikiya costringe Solor ad un giuramento d’amore eterno. A Solor viene offerta la mano di Gamzatti, la figlia del Rajah, ed egli accetta dimenticandosi la promessa fatta a Nikiya. Durante i festeggiamenti per il fidanzamento, Gamzatti dice a Nikiya il nome del suo fidanzato e lei si oppone inutilmente a questo fidanzamento. Una schiava, Aya, propone a Gamzatti di uccidere Nikiya.

Nel secondo atto vi è la danza delle baiadere alla quale partecipa anche Nikiya. Aya dà a Nikiya un cesto di fiori nel quale è nascosto un serpente velenoso che la morde. Il bramino le propone di salvarla, a patto che lei accetti di sposarlo. Nikyia rifiuta e danza fino a quando muore.

Nel terzo atto, Solor per dimenticare il dolore della morte di Nikiya, fuma un particolare veleno, si addormenta e si ritrova nel regno delle ombre e tra esse ritrova anche l’amata Nikiya alla quale giurerà fedeltà eterna.

Nel quarto atto durante le nozze tra Solor e Gamzatti, il tempio crolla seppellendoli sotto le macerie.

La Bayadère fu creato espressamente per Ekaterina Vazem, Prima Ballerina dei Teatri Imperiali di San Pietroburgo. Il balletto in Russia verso la fine del XIX secolo era dominato da artisti stranieri ma l’amministrazione del teatro cercava di incoraggiare i talenti autoctoni e la Vazem, virtuosa russa della tecnica allora detta terre-à-terre era uno di questi talenti.

Il creatore del ruolo di Solor fu Lev Ivanov, Premier Danseur dei Teatri Imperiali, che diventerà assistente “maître de ballet” di Petipa, amministratore del Balletto Imperiale e coreografo (sua la prima produzione de Lo Schiaccianoci).

Petipa lavorò duramente per sei mesi. Il direttore dei Teatri Imperiali, il barone Karl Karlovich Kister non aveva alcuna simpatia per il balletto e appena possibile diminuiva il budget. A quel tempo nella San Pietroburgo zarista, l’Opera italiana era molto più in voga del balletto e la compagnia lirica monopolizzava lo spazio destinato per le prove, il teatro Imperiale Bolshoi Kamenny. La compagnia di balletto aveva solo due giorni alla settimana per le rappresentazioni mentre l’Opera andava in scena anche per sei o sette giorni. Petipa riuscì ad avere solo una prova generale in cui mettere insieme tutte le scene e le danze fino ad allora provate separatamente. Durante questa prova, Petipa ebbe un contrasto con la Vazem riguardo alla sua entrata per il Grand Pas d’action del finale ed ebbe anche molti problemi con gli scenografi che avevano costruito effetti teatrali complicati. Per peggiorare la situazione, il maestro temeva di debuttare in un teatro vuoto poiché il barone Kister aveva aumentato il prezzo del biglietto in modo che fosse più caro di quello dell’Opera, già a sua volta piuttosto dispendioso.

Il successo di questa produzione fu enorme tanto da essere rappresentato per settanta volte fino al ritiro dalle scene della Vazem nel Gennaio del 1884, cosa sorprendente se si pensa che a quel tempo vi erano due soli spettacoli di balletto alla settimana.

Dopo questo enorme successo però il balletto venne messo da parte e ripreso da Petipa solo una volta per la ballerina Anna Johansson nel Dicembre dello stesso anno.

Quando Anna Johansson si ritirò nel 1886, scelse la Celebrazione del fidanzamento del secondo atto come passo d’addio. Questa fu l’ultima volta in cui La Bayadère fu rappresentata prima di venir ritirata dal repertorio dei balletti imperiali.

Petipa rimontò un revival completo del balletto nella stagione 1900-1901 per Mathilde Kschessinskaya, appena nominata Prima ballerina assoluta e Pavel Gerdt, Jeune premier dei balletti imperiali.

Tra i cambiamenti più importanti attuati da Petipa, ci fu l’uso degli allievi nella scena del Regno delle Ombre. Petipa cambiò l’ambientazione da un castello incantato nel cielo di un palco completamente illuminato ad un paesaggio roccioso e cupo sulle vette dell’Himalaya. I danzatori del corpo di ballo passarono da trentadue a quarantotto, dando l’illusione di spiriti che discendono dal cielo nella famosissima Entrata delle Ombre.

Un altro importante cambiamento fu l’interpolazione, per i ballerini solisti, di nuove variazioni nel Grand Pas d’action finale. Come si usava fare ai quei tempi, Minkus non compose le variazioni per il finale del balletto perché venivano sempre eseguite ad libitum, vale a dire a scelta del danzatore. Nella partitura originale, Minkus, dopo il Grand adage del Grand Pas d’action scrisse semplicemente a margine: “seguito dalle variazioni di Solor e Gamzatti”. In genere queste variazioni erano prese da altri balletti già esistenti. Il cinquantaseienne Pavel Gerdt non poteva danzare la variazione di Solor che venne invece danzata da Nikolai Legat. Per il Grand pas d’action egli scelse la Variation di Djalma, aggiunta da Minkus nel 1874 in occasione del revival del balletto Le Papillon di Taglioni e Offenbach. Nel 1941 Vakhtang Chabukiani coreografò questa variazione per sé stesso ed è quella che ancora oggi si usa per il ruolo di Solor.

La prima ballerina Olga Preobrajenskaya danzò il ruolo di Gamzatti nel revival di Petipa del 1900 ma non esistono documentazioni riguardo a quale variazione danzò durante il Grand pas d’action. Chabukiani usò per la sua versione del balletto la Variation de Nisia su musica di Cesare Pugni, presa dal Pas de Venus del balletto di Petipa dal titolo Le Roi Candaule (1868).

Anche se nella produzione originale Nikiya non danzava una variazione durante il Grand pas d’action, Mathilde Kschessinskaya chiese al maestro di cappella Riccardo Drigo del teatro di comporre per lei una variazione. Tale variazione diventò di esclusiva proprietà della ballerina e non fu mai più eseguita dopo di lei.

Il secondo revival di Petipa del balletto fu presentato il 3 Dicembre 1900 (15 Dicembre per il calendario giuliano) al Mariinskij con reazioni discordanti da parte di pubblico e critica. Anche se considerato noioso, diventò un vero e proprio banco di prova per le ballerine e i ballerini perché pieno di difficoltà tecniche e interpretative.

Olga Preobrajenskaya, Vera Trefilova, Anna Pavlova (che fece la sua ultima apparizione con i Balletti Imperiali nel ruolo di Nikiya nel 1914), Ekaterina Geltzer, Lubov Egorova e Olga Spessivtseva per nominare solo alcune delle maggiori ballerine del tempo, tutte trionfarono nel ruolo di Nikiya.

Il regno delle ombre diventò uno dei test cruciali per un corpo di ballo e molte giovani ballerine soliste fecero il loro debutto danzando una delle tre variazioni delle ombre. Nel marzo del 1903 questo pezzo fu rappresentato singolarmente per la prima volta durante una serata di gala al Peterhof in onore della visita di stato del Kaiser Guglielmo II e ben presto divenne tradizione estrapolare la Scena delle ombre dal resto del balletto.

Marianela Núñez ha cominciato a danzare all’età di tre anni e a otto fu ammessa all’Instituto Superior de Arte al Teatro Colón di Buenos Aires, dove studiò fino ad unirsi al corpo di ballo della compagnia del teatro all’età di quattordici anni. Ancora adolescente fu scelta per una tournée argentina del Ballet Clasico de La Habana come solista. Nel 1997 Maximiliano Guerra la scelse come partner sulle scene nella sua tournée in Uruguay, Spagna, Italian e Giappone. Nel 1997 si unì alla Royal Ballet School e dopo un anno di perfezionamento si unì al corpo di ballo del Royal Ballet nel 1998; nel 2001 fu promossa a prima solista e nel 2002, a vent’anni, divenne ballerina principale. Nel corso della sua carriera al Royal Ballet ha danzato tutti i principali ruoli femminili nel repertorio classico, drammatico e contemporaneo della compagnia, danzando le coreografie di Frederick Ashton, George Balanchine, John Cranko, William Forsythe, Rudol’f Nureev, Jiří Kylián, Kenneth MacMillan, Wayne McGregor, Ashley Page, Jerome Robbins, Liam Scarlett, Glen Tetley, Will Tuckett, Antony Tudor e Christopher Wheeldon. Tra i suoi numerosi ruoli si ricordano Odette ed Odille ne Il lago dei cigni, Kitri in Don Chisciotte, Aurora ne La bella addormentata, Giulietta in Romeo e Giulietta e Manon ne L’histoire de Manon accanto al des Grieux di Roberto Bolle. Nel 2013 ha vinto il Laurence Olivier Award per l’eccellenza nella danza per le sue interpretazioni in Aeternum, Diana and Acteon e Viscera in scena alla Royal Opera House. Nel 2015 fu candidata al Prix Benois de la Danse, mentre nel 2018 dopo una rappresentazione di Giselle, la Núñez fu festeggiata dalla compagnia per il suo ventesimo anniversario con il Royal Ballet, durante il quale il direttore artistico della compagnia, Kevin O’Hare, la definì una delle più grandi beallerine della sua generazione.

Vadim Muntagirov è nato a Chelyabinsk , in Russia. Entrambi i suoi genitori erano ballerini professionisti. Si è formato alla Perm Ballet School e alla Royal Ballet School .
Nel 2006, Muntagirov ha partecipato al concorso del Prix de Lausanne. Ha vinto una borsa di studio e ha scelto di frequentare la Royal Ballet School. Dopo essersi diplomato alla Royal Ballet School nel 2009, Muntagirov si è unito al Balletto Nazionale Inglese. È stato promosso primo solista nel 2010, principale nel 2011 e principale nel 2012. Durante l’ENB, è stato notato per la sua collaborazione con Daria Klimentova , che è stata associata a Fonteyn e Nureyev. Si è unito al Royal Ballet come preside nel febbraio 2014. La sua prima esibizione con il Royal Ballet è stata come il Principe Florimund in La bella addormentata nel bosco.
Nel 2011, Muntagirov è apparso nel documentario della BBC4 Agony and Ecstasy: A Year with English National Ballet , che ha seguito la sua esibizione di Swan Lake con Daria Klimentova.
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Marianela Nuñez e Vadim Muntagirov in “La bella addormentata” pas de deux, III atto

I due artisti, tra i più grandi danzatori al mondo, si sono esibiti in occasione de “Les Étoiles, Gala Internazionale di Danza” a cura di Daniele Cipriani, andato in scena a Roma il 24, 25 e 26 Gennaio 2020 presso l’Auditorium Parco della Musica.

Felpatamente, “in volo e sulle punte” secondo il celebre motto di questo gala, si sono approcciate le stelle del balletto, protagoniste di “Les Ètoiles Gala Internazionale di Danza”, a cura di Daniele Cipriani, il gala di danza più atteso della capitale. La loro grande marcia è infatti sì è diretta all’Auditorium Parco della Musica di Roma dove i fuoriclasse della danza internazionale sono stati in scena alla Sala S. Cecilia il 24 e 25 Gennaio (ore 21) e il 26 Gennaio 2020 (ore 17).

Spettatori provenienti da tutta Italia e dall’estero che, in alcuni casi, hanno prenotato con addirittura un anno di anticipo, sono la riprova che il gala di Daniele Cipriani sia ormai uno spettacolo cult: non sorprende quindi che l’attesa tra gli appassionati di Les Ètoiles, sia stata davvero (è il caso di dirlo)… alle stelle!

Si dice che con il passare delle epoche, via via che si va allargando lo stato di coscienza dell’essere umano, si allarghi anche l’universo: innegabile che, in parallelo alle esplorazioni del subconscio da parte dei padri della psicanalisi nel 20° secolo, sono avvenute scoperte di nuovi pianeti e stelle da parte degli astronomi.

In questa 9a edizione di Les Ètoiles (poichè alle cinque precedenti edizioni romane si devono aggiungere quelle di Venezia, Cagliari e Ravenna, ricordandosi che la 10a edizione si terrà al Comunale di Bologna il 4 ed il 5 Marzo 2020), anche il firmamento stellato di Daniele Cipriani si espande ulteriormente: è aumentato il numero delle stelle che hanno danzato e sono aumentate anche il numero delle serate, portate eccezionalmente a tre.

La portabandiera dell’armata danzante è stata la popolarissima ballerina argentina, ormai simbolo de Les Ètoiles per numero di presenze in campo, Marianela Nuñez che ha avuto accanto il russo Vadim Muntagirov, danseur noble dei più puri (detto “Vadream” perchè considerato il partner del sogno dalle ballerine del Royal Ballet di Londra, compagnia da cui sia lui che la Nuñez provengono); hanno interpretato passi a due del repertorio classico (La Bayadère e Bella Addormentata).

Già da questo si evince che una delle caratteristiche che rende Les Ètoiles così diverso da altri gala di danza è proprio la scelta del programma, che spazia dai classici di repertorio di Petipa, conditi di fouettés, grands jetés ed altri virtuosismi mozzafiato, a brani firmati da grandi nomi della coreografia del 20° secolo o da coreografi contemporanei di punta.

“È naturale, parlando di Les Ètoiles”, ha detto Daniele Cipriani, “accennare all’internazionalità dell’evento, visti i molteplici paesi di provenienza degli artisti (ballerini, coreografi, compositori), e sottolineare la sua universalità, dovuta al linguaggio tersicoreo che li riunisce tutti sotto un’unica bandiera. Lo faccio tutti gli anni, e lo voglio fare ancora. Ultimamente, mi è capitato di ripensare all’ultimo quadro, quello più celebre, del Ballo Excelsior (balletto ottocentesco italiano che fece furore in tutto il mondo) dove si vede una “Marcia delle Nazioni” in un tripudio di bandiere svettanti da tutto il mondo. È l’apoteosi della Pace, il trionfo della Concordia, con tutte le nazioni che si salutano sorelle. Mi piace pensare che il gala Les Ètoiles sia l’”attualizzazione” – cioè, la loro applicazione in un contesto moderno – degli ideali che furono alla base di Excelsior e ne diventarono i personaggi, con i nomi di Luce, Civiltà, Progresso, Fratellanza, Amore. Ne Les Ètoiles, gli stessi ideali sono alla base dell’intero ed ambizioso progetto, in veste attuale, ma con lo stesso ottimismo.”

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ANNA TSYGANKOVA E CONSTANTINE ALLEN “LAGO DEI CIGNI”

Anna Tsygankova e Constantine Allen in “Il lago dei cigni” (pas de deux del cigno nero, III atto).

In attesa del prestigioso “Les Étoiles Gala Internazionale di Danza” a cura di Daniele Cipriani, che si svolgerà nel Gennaio prossimo a Roma, un “assaggio” della performance ‘a due’ con la coreografia di Marius Petipa.

Il 2020 si aprirà con il “Gala internazionale di danza” a cura di Daniele Cipriani, che attinge dal firmamento della danza per portare in scena le sue étoile più brillanti sul palco dell’Auditorium Parco della Musica di Roma Sala Santa Cecilia: le date sono il 24 e il 25 Gennaioe 2020 alle ore 21:00, il 26 Gennaio alle ore 17:00.

Il cast di Les Étoiles è formato dai più grandi nomi del balletto classico, ballerini dalle personalità splendenti e dalla tecnica sfavillante, in un ricco programma di brillanti virtuosismi e momenti di struggente lirismo: amatissimi brani tratti dal repertorio classico, accanto a lavori recenti, firmati dai coreografi attualmente più in vista.

Les Étoiles, la cui prima edizione risale al 2015, è una formula ben rodata ed acclamata dal grande pubblico, l’appuntamento di danza più atteso della capitale e di altre città italiane, un gala cult che ha incantato il pubblico di prestigiosi teatri, dall’Auditorium Parco della Musica all’Auditorium Conciliazione di Roma, dalla Fenice di Venezia al Lirico di Cagliari. I nomi in cartellone ed il programma richiamano un ampio ed eterogeneo pubblico di tutte le età, tra cui molti turisti. Oltre 5.000 gli spettatori della Sala Santa Cecilia, (Gennaio 2018), vastissima la copertura mediatica, con presentazioni, interviste e recensioni, sulle reti nazionali e regionali dei TG e dei GR RAI, sulle pagine dei maggiori quotidiani, sulle copertine dei settimanali.

Simpatica consuetudine di Les Étoiles, è quella dell’ ‘étoile a sorpresa’, che crea suspense tra i ballettofili mentre un’altra, che piacerà ai romantici, è quella di ospitare coppie di primi ballerini che sono anche coppie nella vita. L’intesa tra di loro è palpabile in scena e va a rendere ancora più intensa l’alchimia tra i protagonisti.

Hanno varcato il palcoscenico di Les Étoiles stelle come Svetlana Zakharova, Marianela Nuñez, Ivan Vasiliev, Vladimir Shklyarov, Daniil Simkin, Tiler Peck: artisti provenienti da compagnie come il Bolshoi di Mosca, il Mariinsky di San Pietroburgo, lo Hamburg Ballet, il Royal Ballet di Londra, l’Opéra di Parigi o il New York City Ballet. Tra i leitmotif di Les Étoiles c’è dunque la sua internazionalità, non solo le diverse nazionalità dei ballerini e dei teatri di provenienza, ma anche quelle dei compositori e dei coreografi. Questo sottolinea il messaggio di unione in cui la danza si presenta quale modello di una società e di un mondo ideali. Les Étoiles diventa ‘Le Nazioni Unite della Danza’: in quest’epoca in cui riaffiorano pericolosi nazionalismi, fanatismi, xenofobie, contrapposizioni politiche e religiose, il gala Les Étoiles è un inno all’armonia tra i popoli del nostro pianeta.

In attesa di questo prestigioso evento, vogliamo raccontarvi, nel dettaglio, il III atto tratto dal capolavoro “Il lago dei cigni” di Piotr Ilic Chaikovsky, eseguito da Anna Tsygankova e Constantine Allen.

Il libretto è ispirato a una fiaba popolare la cui vicenda di base è diffusa in molti paesi europei e racchiude tutta la meraviglia dei simbolismi, che in età romantica si accompagna a personaggi mitici e un chiaro intento morale. Il risultato della collaborazione tra gli artisti è un balletto indimenticabile dai caratteri molto ben marcati: una fanciulla trasformata in cigno bianco in seguito a una maledizione (Odette), un principe (Siegfried), un cigno nero malvagio (Odile), figlio d’uno stregone (von Rothbart); la lotta del bene contro il male e un finale alterno che si gioca tra il trionfo dell’amore e quello della morte.

Accurate ricerche filologiche hanno cercato di ricostruire le fonti letterarie della fiaba, attingendo a varie tradizioni: il poema epico russo Mikhail Ivanovic il vagabondo, oppure Il velo rubato, leggenda tedesca di Johann Musaus risalente al XVIII secolo, o ancora un poema di Pushkin del 1869, La storia dello zar Saltan, che Chaikovsky custodiva nella propria biblioteca con note autografe a matita nei margini (e che più tardi sarebbe diventata l’omonima opera di Nikolaj Rimskij Korsakov).

“Il lago dei cigni” costituisce un capolavoro di coerenza stilistica; tuttavia, dopo la revisione di Petipa, nel III atto tutto cambia, in corrispondenza dell’apparizione di Odile (il cigno nero); estetica, danza, scelte musicali (incluse alcune nuove inserzioni e interpolazioni rispetto ai numeri originali) producono una svolta di 180 gradi al fine di preparare il momento cuspide del balletto. Mentre nel II atto i personaggi sulla scena si limitano ai cigni, Odette e il principe, che esaltano l’estetica del bianco quale colore dominante, e la musica si concentra su di un’atmosfera di lirica serenità, in quello successivo, si alternano sin dall’inizio fastose scene corali e scontri drammatici dei caratteri individuali (la musica accompagna prodigiosamente la nuova situazione drammaturgica, ma è necessario ricordare che quasi tutti i numeri musicali previsti per il famoso pas de deux di questo atto in realtà furono composti da Chaikovsky per l’analogo Pas des deux del I atto: furono Petipa e Drigo a trasferirli a questo punto). Il III atto è il momento in cui subentra l’elemento diabolico e magico del cigno nero: il contrasto rispetto ai quadri precedenti si fa evidente, con uno scontro bianco-nero che resta dominante fino alla fine.

Il cambiamento più notevole nella struttura musicale riguarda, come si è già accennato, il Grand Pas des deux del III atto, ossia il momento in cui il Cigno nero (Odile) si esibisce in voluttuose e funamboliche variazioni al fine di avvincere Siegfried e allontanarlo da Odette. Drigo, oltre ad aggiungere una nuova coda al Grand Adagio e a interpolare altri materiali di Chaikovsky, rivide completamente l’orchestrazione. Non si trattò affatto di una banalizzazione, giacché Drigo cercò di tradurre in musica (rivisitata o sua) il progetto coreografico di Petitpa, che a sua volta aveva sfruttato tutte le risorse della partitura originale.

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Foto: Massimo Danza

 

ALENA KOVALEVA E JACOPO TISSI in “DIAMONDS” (da Jewels)

I due giovani astri del Bolshoi in una lirica interpretazione del celebre balletto di George Balanchine in occasione de “Les Etoiles Gala Internazionale di Danza” a cura di Daniele Cipriani.


 

Una leggiadra ed elegante lettura del celebre passo a due “Diamonds”, quella di Iacopo Tissi ed Alena Kovaleva, entrambi provenienti dal Bolshoi di Mosca ed ospiti a Roma del gala internazionale Les Etoiles di Daniele Cipriani. Una coppia di danzatori armonici e perfettamente complementari nelle rispettive doti artistiche, un lirismo virtuoso che incanta lo spettatore.

“Diamonds” è tratto da “Jewels”, un balletto strutturato in tre parti, ovvero “Smeraldi”, “Rubini”, “Diamanti”, con le composizioni di tre diversi musicisti, quali Gabriel Faurè, Igor Stravinsky e Piotr Ilič Čaikovskij, rappresentato per la prima volta a New York nel 1967. Si tratta di uno dei capolavori di George Balanchine il quale, da quel che dichiarava lui stesso, trovò ispirazione per questo balletto, passeggiando per la Quinta Strada, dove si affacciano meravigliose vetrine di gioiellieri. Qualche tempo dopo, il famoso coreografo, ebbe l’idea di farne un trittico, dedicato alle grandi scuole di danza che avevano influenzato il suo percorso ballettistico: il Teatro Mariinskij dove aveva fatto il suo apprendistato, l’Opéra di Parigi e il New York City Ballet. “Diamonds” in particolare si ispira allo stile, al gran virtuosismo, ai grandi balletti classici della danza russa.

Anche se “Jewels” non è mai stato rappresentato dalle tre compagnie riunite, come avrebbe auspicato Balanchine, il balletto nella sua interezza fa comunque parte del loro repertorio: dal 1999, è entrato nel repertorio del Mariinskij; nel 2000, in quello dell’Opéra National de Paris. In ogni caso, solisti di ciascuna scuola l’hanno interpretato insieme in occasione di una edizione del Festival del Mariinskij. Altre compagnie hanno inserito “Jewels” nel loro repertorio, in particolare il Balletto di Amburgo, il Miami City Ballet, il Cincinnati Ballet, il San Francisco Ballet, il Royal Ballet.

Paola Sarto

Foto: Massimo Danza

Lady of the camellias

Lucia Lacarra e Marlon Dino, le due stelle del Dortmund Ballet, nella coreografia di Val Caniparoli ispirata all’omonimo romanzo di A. Dumas.

Il personaggio de La Signora delle Camelie è diventato famoso e noto al grande pubblico grazie all’omonimo romanzo di Alexandre Dumas figlio, in cui l’autore si ispira alla sua storia d’amore con Marie Duplessis, morta di tubercolosi a soli ventitré anni.

Il passo a due fotografato da Massimo Danza è tratto da “Lady of the camellias” del coreografo americano Val Caniparoli, ed è la prima volta che viene rappresentato in Italia, interpretato da due straordinari danzatori, affascinanti per la poliedricità del loro repertorio: Lucia Lacarra e Marlon Dino, stelle del Dortmund Ballet ed ospiti del Gala Les Etoiles di Daniele Cipriani. Stile e poesia per due artisti di inimitabile classe.

Paola Sarto

Foto Massimo Danza