Anna Tsygankova e Constantine Allen in “Duet”.

Ad interpretare alcuni tra i duetti andati in scena nell’ambito de “Les Étoiles Gala Internazionale di Danza” a cura di Daniele Cipriani, ci sono state tra le étoile più appassionanti del momento come Anna Tsygankova e Constantine Allen.

“Les Étoiles Gala Internazionale di Danza” a cura di Daniele Cipriani, ha permesso di vedere concentrati in un unico spettacolo i brani più sensazionali del repertorio di tradizione, ad esempio passi a due tratti da Il lago dei cigni, Don Chisciotte, Il Corsaro, Diana e Atteone, insieme a brani dei grandi coreografi del Novecento come Balanchine, o altri di sofisticata modernità firmati da coreografi sulla cresta dell’onda oggi, come Christopher Wheeldon.
Ad interpretare alcuni tra questi duetti ci sono state tra le étoile (il termine francese che significa stella e con cui vengono tradizionalmente definite, appunto, le stelle del balletto) più appassionanti del momento, provenienti dai maggiori teatri del mondo.
“Sono come tante tessere di squisita fattura che, tutte insieme, formano un magnifico mosaico in movimento”, ha affermato Cipriani, sottolineando i “virtuosismi sulle punte e in volo” che sono diventati sinonimi di Les Étoiles e che non mancano mai di mandare in visibilio il pubblico. Ad eseguirli, nel caso specifico, Constantine Allen e Anna Tsygankova del Balletto Nazionale Olandese, compagnia più giovane, ma che, in mezzo secolo di esistenza, è divenuta una delle maggiori del mondo. E anche una delle più internazionali, tant’è vero che tutti i ballerini provenienti dalla compagnia di Amsterdam sono originari di quattro paesi (e tre continenti) diversi, tra cui anche l’Italia.
A coreografare i momenti di danza più memorabili, come detto, Christopher Wheeldon, ex ballerino britannico.
Wheeldon ha cominciato a studiare danza all’età di otto anni, prima di specializzarsi alla Royal Ballet School tra gli undici e i diciotto anni. Nel 1991 si unì al Royal Ballet e nello stesso anno vinse il Prix de Lausanne. Nel 1993, all’età di diciannove anni, si trasferì a New York dove si unì al New York City Ballet, in cui fu promosso solista nel 1998. Due anni dopo terminò di esibirsi come ballerino per dedicarsi esclusivamente all’attività di coreografo, intrapresa nel 1997.

Tra il 2001 e il 2008 fu il coreografo residente del New York City Ballet, per il quale coreografò numerosi balletti di grande successo di critica e pubblico. In parallelo all’attività a New York, Wheeldon coreografò opere per altre compagnie, tra cui il Royal Ballet, il San Francisco Ballet e il Balletto Bol’šoj. Nel 2006 ha fondato una propria compagnia, la Morphoses/The Wheeldon Company, che si è affermata su entrambe le sponde dell’Atlantico con frequenti rappresentazioni al New York City Center e al Sadler’s Wells di Londra.

Nel 2011 ha curato le coreografie per Alice nel Paese delle Meraviglie (Alice’s Adventures in Wonderland), il primo balletto originale commissionato dalla Royal Opera House in oltre vent’anni; il balletto fu accolto positivamente da critica e pubblico, tanto che nel 2014 Wheeldon coreografò un nuovo balletto per Covent Garden, The Winter’s Tale, tratto dall’omonimo romance di Shakespeare. The Winter’s Tale valse a Wheeldon il suo terzo Prix de Lausanne nel 2015, due anni dopo aver vinto il suo secondo Prix per la sua Cenerentola all’Het Nationale Ballet. Nel 2015 ha vinto il Tony Award alla miglior coreografia per il musical An American in Paris a Broadway.

Wheeldon è stato nominato Ufficiale dell’Ordine dell’Impero Britannico (OBE) nel 2016 New Year Honours per “servizi volti a promuovere gli interessi e la reputazione della danza classica e teatrale britannica in tutto il mondo”.

Wheeldon ha grande gusto unito ad una varietà notevole di strumenti coreografici. Sebbene si tratti di un balletto, il linguaggio del movimento è lontano dalla pura tecnica di esso. Il coreografo seleziona da una molteplicità di stili, generi e tecniche di danza. Vediamo elementi del balletto americano contemporaneo e del XX secolo nei dettagli angolari e geometrici che impreziosiscono i duetti stessi: piedi flessi, ginocchia piegate.

Wheeldon realizza idee di movimento che lo intrigano e le reinventa in qualcosa di completamente nuovo e incontaminato. Guardare la sua coreografia svolgersi sul balletto, suscita piccoli sospiri, cenni di riconoscimento, meraviglie e sorprese. I sui pas de deux sono squisiti. I ballerini si intrecciano e si srotolano in archi vorticosi e sinuosi di continuo movimento che non si sente forzato o prezioso ed emette sentimenti di ardente connessione.

L’attenzione meticolosa ai dettagli nella narrazione non si basa sulle tecniche del XIX secolo, ma su normali gesti conversazionali che dimostrano come il linguaggio del corpo, la postura e pochi gesti ben posizionati possano trasmettere idee ed emozioni complesse. Qui è dove Wheeldon è il migliore: illuminare una storia intricata e antica e infondervi nuova vita.

Anna Tsygankova nasce a Novosibirsk, in Russia, dove inizia la sua formazione e la sua carriera di ballerina.

Si forma presso l’Accademia di balletto di Novosibirsk e l’Académie de Danse Classique Princesse Grace di Monte Carlo. Sotto la guida di Raisa Struchkova, danza con il celebre Bolshoi Ballet, oltre che con il Balletto Nazionale Ungherese – dove si esibisce ancora regolarmente come artista ospite – e il Ballett der Wiener Staatsoper.

Nel 2007 si trasferisce ad Amsterdam dove entra a far parte del Balletto Nazionale olandese come prima ballerina.

Numerosi i premi e riconoscimenti già ottenuti. Prix de Lausanne, 1995 (medaglia d’argento), International Ballet Competition 1996 (medaglia di bronzo), Alexandra Radius Prize, 2007. La rivista Dance Europe l’ha nominata “ballerina eccezionale dell’anno 2010” per la sua performance “Sarcasmen” di Hans van Manen. Nel mese di aprile 2014, ha vinto il Grand Prix al Dance Open Festival di San Pietroburgo.

Sul trasferimento dalla Russia all’Olanda e su quanto questo abbia inciso sulle sue performance di danza, ha dichiarato:

“Lasciata la Russia, ho scoperto immediatamente uno stile meno teatrale che mi permetteva di esprimermi diversamente: un cambiamento drastico. Era come permettere al pubblico di vedere me stessa e i miei sentimenti senza filtri. Sul palco mostro me stessa senza aver paura di non essere abbastanza bella in certi momenti.

Sono felice dello stile russo delle mie braccia. In Europa, poi, ho iniziato a usare i miei piedi in modo diverso… e anche loro hanno iniziato a parlare. Ho scoperto che ogni muscolo del mio corpo può parlare. Non posso definirmi una tipica ballerina russa. Nemmeno una ballerina puramente occidentale. Ecco perché mi sento una sintesi fra stili diversi.”

Constantine Allen è nato a Indianapolis, negli Stati Uniti. Trasferitosi quasi subito alle Hawaii, ha apprezzato il musical Cats all’età di quattro anni. Rimase letteralmente incantato e quando calò il sipario, capì che voleva diventare un ballerino. Dall’età di cinque anni, ha preso lezioni di danza classica e poi ha studiato alla Pacific Ballet Academy di Honolulu e al Ballet Hawaii.

Nel 2007 ha vinto la medaglia di bronzo alle finali del Gran Premio americano della gioventù a New York e una borsa di studio per studiare alla Kirov Ballet Academy di Washington. Nel 2010 ha proseguito gli studi presso la John Cranko Schule di Stoccarda. Nel 2011, Constantine ha vinto il Grand Prix al concorso Tanzolymp di Berlino.

Dopo la laurea, nel 2012, è entrato a far parte dello Stuttgarter Ballett come membro del corpo di ballo. Sei mesi dopo, è stato promosso a solista e nel 2014 è stato promosso a primo ballerino. Nel 2017 è passato a Les Grands Ballets des Canadiens.

Nel Febbraio 2018, Constantine è stato ospite principale del Dutch National Ballet nel Don Chisciotte di Alexei Ratmansky. Sei mesi dopo, è entrato a far parte della compagnia come primo ballerino. La rivista britannica Dance Europe lo ha menzionato sia nel 2019 che nel 2020 nella sua annuale Critics ‘Choice, nella categoria ‘Outstanding performance by a male dancer ‘.

LF Magazine

Foto: Massimo Danza

ANNA TSYGANKOVA E CONSTANTINE ALLEN “LAGO DEI CIGNI”

Anna Tsygankova e Constantine Allen in “Il lago dei cigni” (pas de deux del cigno nero, III atto).

In attesa del prestigioso “Les Étoiles Gala Internazionale di Danza” a cura di Daniele Cipriani, che si svolgerà nel Gennaio prossimo a Roma, un “assaggio” della performance ‘a due’ con la coreografia di Marius Petipa.

Il 2020 si aprirà con il “Gala internazionale di danza” a cura di Daniele Cipriani, che attinge dal firmamento della danza per portare in scena le sue étoile più brillanti sul palco dell’Auditorium Parco della Musica di Roma Sala Santa Cecilia: le date sono il 24 e il 25 Gennaioe 2020 alle ore 21:00, il 26 Gennaio alle ore 17:00.

Il cast di Les Étoiles è formato dai più grandi nomi del balletto classico, ballerini dalle personalità splendenti e dalla tecnica sfavillante, in un ricco programma di brillanti virtuosismi e momenti di struggente lirismo: amatissimi brani tratti dal repertorio classico, accanto a lavori recenti, firmati dai coreografi attualmente più in vista.

Les Étoiles, la cui prima edizione risale al 2015, è una formula ben rodata ed acclamata dal grande pubblico, l’appuntamento di danza più atteso della capitale e di altre città italiane, un gala cult che ha incantato il pubblico di prestigiosi teatri, dall’Auditorium Parco della Musica all’Auditorium Conciliazione di Roma, dalla Fenice di Venezia al Lirico di Cagliari. I nomi in cartellone ed il programma richiamano un ampio ed eterogeneo pubblico di tutte le età, tra cui molti turisti. Oltre 5.000 gli spettatori della Sala Santa Cecilia, (Gennaio 2018), vastissima la copertura mediatica, con presentazioni, interviste e recensioni, sulle reti nazionali e regionali dei TG e dei GR RAI, sulle pagine dei maggiori quotidiani, sulle copertine dei settimanali.

Simpatica consuetudine di Les Étoiles, è quella dell’ ‘étoile a sorpresa’, che crea suspense tra i ballettofili mentre un’altra, che piacerà ai romantici, è quella di ospitare coppie di primi ballerini che sono anche coppie nella vita. L’intesa tra di loro è palpabile in scena e va a rendere ancora più intensa l’alchimia tra i protagonisti.

Hanno varcato il palcoscenico di Les Étoiles stelle come Svetlana Zakharova, Marianela Nuñez, Ivan Vasiliev, Vladimir Shklyarov, Daniil Simkin, Tiler Peck: artisti provenienti da compagnie come il Bolshoi di Mosca, il Mariinsky di San Pietroburgo, lo Hamburg Ballet, il Royal Ballet di Londra, l’Opéra di Parigi o il New York City Ballet. Tra i leitmotif di Les Étoiles c’è dunque la sua internazionalità, non solo le diverse nazionalità dei ballerini e dei teatri di provenienza, ma anche quelle dei compositori e dei coreografi. Questo sottolinea il messaggio di unione in cui la danza si presenta quale modello di una società e di un mondo ideali. Les Étoiles diventa ‘Le Nazioni Unite della Danza’: in quest’epoca in cui riaffiorano pericolosi nazionalismi, fanatismi, xenofobie, contrapposizioni politiche e religiose, il gala Les Étoiles è un inno all’armonia tra i popoli del nostro pianeta.

In attesa di questo prestigioso evento, vogliamo raccontarvi, nel dettaglio, il III atto tratto dal capolavoro “Il lago dei cigni” di Piotr Ilic Chaikovsky, eseguito da Anna Tsygankova e Constantine Allen.

Il libretto è ispirato a una fiaba popolare la cui vicenda di base è diffusa in molti paesi europei e racchiude tutta la meraviglia dei simbolismi, che in età romantica si accompagna a personaggi mitici e un chiaro intento morale. Il risultato della collaborazione tra gli artisti è un balletto indimenticabile dai caratteri molto ben marcati: una fanciulla trasformata in cigno bianco in seguito a una maledizione (Odette), un principe (Siegfried), un cigno nero malvagio (Odile), figlio d’uno stregone (von Rothbart); la lotta del bene contro il male e un finale alterno che si gioca tra il trionfo dell’amore e quello della morte.

Accurate ricerche filologiche hanno cercato di ricostruire le fonti letterarie della fiaba, attingendo a varie tradizioni: il poema epico russo Mikhail Ivanovic il vagabondo, oppure Il velo rubato, leggenda tedesca di Johann Musaus risalente al XVIII secolo, o ancora un poema di Pushkin del 1869, La storia dello zar Saltan, che Chaikovsky custodiva nella propria biblioteca con note autografe a matita nei margini (e che più tardi sarebbe diventata l’omonima opera di Nikolaj Rimskij Korsakov).

“Il lago dei cigni” costituisce un capolavoro di coerenza stilistica; tuttavia, dopo la revisione di Petipa, nel III atto tutto cambia, in corrispondenza dell’apparizione di Odile (il cigno nero); estetica, danza, scelte musicali (incluse alcune nuove inserzioni e interpolazioni rispetto ai numeri originali) producono una svolta di 180 gradi al fine di preparare il momento cuspide del balletto. Mentre nel II atto i personaggi sulla scena si limitano ai cigni, Odette e il principe, che esaltano l’estetica del bianco quale colore dominante, e la musica si concentra su di un’atmosfera di lirica serenità, in quello successivo, si alternano sin dall’inizio fastose scene corali e scontri drammatici dei caratteri individuali (la musica accompagna prodigiosamente la nuova situazione drammaturgica, ma è necessario ricordare che quasi tutti i numeri musicali previsti per il famoso pas de deux di questo atto in realtà furono composti da Chaikovsky per l’analogo Pas des deux del I atto: furono Petipa e Drigo a trasferirli a questo punto). Il III atto è il momento in cui subentra l’elemento diabolico e magico del cigno nero: il contrasto rispetto ai quadri precedenti si fa evidente, con uno scontro bianco-nero che resta dominante fino alla fine.

Il cambiamento più notevole nella struttura musicale riguarda, come si è già accennato, il Grand Pas des deux del III atto, ossia il momento in cui il Cigno nero (Odile) si esibisce in voluttuose e funamboliche variazioni al fine di avvincere Siegfried e allontanarlo da Odette. Drigo, oltre ad aggiungere una nuova coda al Grand Adagio e a interpolare altri materiali di Chaikovsky, rivide completamente l’orchestrazione. Non si trattò affatto di una banalizzazione, giacché Drigo cercò di tradurre in musica (rivisitata o sua) il progetto coreografico di Petitpa, che a sua volta aveva sfruttato tutte le risorse della partitura originale.

LF Magazine

Foto: Massimo Danza