Sergio Bernal in “The Swan”, coreografia di Ricardo Cue.

La danza è tornata a vivere alla grande, anche se solo in una notte, con sette stelle del balletto e due superbi musicisti, Mario Brunello al violoncello e Beatrice Rana al pianoforte che hanno accompagnato dal vivo i danzatori in “Duets and solos”, uno spettacolo speciale, intimo, di grande levatura curato da Daniele Cipriani.

“Lavorare con chi danza è come suonare musica da camera” ha rivelato il violoncellista Mario Brunello, che con la pianista Beatrice Rana ha partecipato a Duets and solos, spettacolo ideato da Daniele Cipriani con la consulenza musicale di Gastón Fournier Facio, andato in scena il 18 Luglio nel corso del Ravenna Festival, alla Rocca Brancaleone della città romagnola.

Il carattere speciale della serata di Ravenna dipendeva da almeno tre fattori: prima di tutto il ritorno della danza in palcoscenico dopo i mesi di chiusura; poi la presenza di Rana e Brunello, invece che di un’orchestra o di un supporto registrato, a fornire la base musicale per i numeri di danza; infine, l’idea brillante di coinvolgere étoiles che sono in coppia anche nella vita, come Silvia Azzoni e Alexander Ryabko dell’Hamburg Ballet e Iana Salenko e Marian Walter, che fanno parte del corpo di ballo dell’Opera di Berlino. Si è così aggirato il divieto di contatto in scena e nei duetti i ballerini sono stati liberi di toccarsi e di abbracciarsi.

A completare il gruppo di stelle della danza, Hugo Marchand dell’Opéra de Paris, Sergio Bernal Alonso, già del Ballet Nacional de España, e Matteo Miccini dello Stuttgart Ballet. Di carattere e stile diverso le coreografie, realizzate tra gli altri da John Neumeier, Uwe Scholz, Michel Fokine, Jerome Robbins, Roland Petit e dallo stesso Bernal.

Per tornare al paragone con la musica da camera, Brunello ci ha spiegato come per conciliare le esigenze di danzatori e musicisti si debbano trovare volta a volta soluzioni che permettano libertà di espressione a tutti. “Proprio come succede quando si suona in trio o in quartetto e non ci si conosce: non è che uno può dire “questo è il mio tempo e voi dovete seguirlo”. Ci si mette d’accordo. È chiaro comunque che i danzatori sono abituati a provare su musica registrata, con ripetizioni sempre uguali, mentre quando si suona dal vivo, anche in prova, qualche cosa cambia sempre. Questo richiede da parte loro uno sforzo di adattamento” ha aggiunto il violoncellista.

L’intelligente adattamento reciproco, ma anche l’evidente piacere di lavorare insieme, hanno sortito un felicissimo risultato nello spettacolo in cui si susseguivano numerosi brani, alcuni danzati e altri solo strumentali, incorniciati da una Morte del cigno all’inizio e una alla fine; entrambe si basavano sul “Cygne” di Saint-Saëns dal Carnaval des animaux, ma la prima, con la coreografia storica di Michel Fokine, era al femminile, interpretata da Iana Salenko; la seconda, (coreografia di Ricardo Cue) contemporanea, di cui riportiamo l’ampio reportage fotografico di Massimo Danza, al maschile, con Sergio Bernal.

“The swan” da “Le Carnaval des Animaux“, è una delle più famose opere del compositore francese Camille Saint-Saëns, composto nel 1886, appositamente per Anna Pavlova e messo in scena per la prima volta nel 1905 a San Pietroburgo. Da allora il balletto ha influenzato le moderne interpretazioni di Odette ne “Il lago dei cigni” di Čajkovskij e ha ispirato varie interpretazioni, anche non fedeli alla trama originale, come variazioni del finale trasformato da lieto in tragico.

Per volere del compositore, l’opera doveva essere eseguita pubblicamente solo dopo la sua morte. La sua prima fu, quindi, il 26 Febbraio 1922, trentasei anni dopo la sua composizione e un anno dopo la morte dell’autore.

Il carnevale degli animali divenne la musica più caratteristica di Saint-Saëns per i suoi toni umoristici e canzonatori.

I 14 brani, tutti molto brevi, si riferiscono ciascuno a un animale. Non mancano riferimenti dichiaratamente satirici e umoristici. La comicità del brano è data anche dalle citazioni esplicite di brani o motivi conosciuti.

Ricardo Cue

Direttore di danza, ballerino, coreografo, allenatore e impresario. Ha studiato a L’Avana, Madrid e New York, dove ha vissuto per quindici anni e ha studiato danza e storia della danza con Doris Hering all’Università di New York. Lì ha lavorato con Balanchine, Tudor, Graham e Ailey.

A Madrid, nel 1982, si unì al team di regia del Balletto Nacional de Espana, Classica e Flamenco e presentò questa compagnia al NY MET con Medea. Ha introdotto in Spagna le opere di Balanchine, Tudor e Tetley nel repertorio.

Nel 1986 è diventato consigliere del Ministero della Cultura della Spagna. Come impresario privato ha presentato in Spagna le principali compagnie di danza del mondo. Ha diretto e messo in scena spettacoli di gala in Spagna, Francia e Russia con Plisetskaya, Guillem, Schauffuss, Gregory, Bujones, Mukhamedov, Dupond, Alexandrova, Acosta, Somova, Osipova, Shklyarov, Obraztsova, I. Vasiliev, Kovaleva, ecc.,

Nel 1992 fonda la sua compagnia di flamenco “Les Geants du Flamenco”, al teatro Champs Elysees di Parigi, creando e dirigendo “Cibayi” con Lola Greco, Joaquin Cortes e Adrian e gira il mondo.
Scopre, allena e dirige i migliori e migliori ballerini di musica classica e flamenco spagnola come Trinidad Sevillano, Aranxta Arguelles, Joaquin Cortes, Igor Yebra, Angel Corella, Tamara Rojo e Sergio Bernal. Lavora ed è manager di Maya Plisetskaya.

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Foto: Massimo Danza

Sergio Bernal in “Zapateado” indossa Capucci.

Capucci ha firmato la sua ‘prima volta’ a teatro per la danza, creando il costume che il danzatore madrileno, bailador’ carismatico del Balletto nazionale spagnolo, ha indossato per un rovente ‘Zapateado’.

Uno dei più grandi stilisti del mondo, quello che Christian Dior definì il miglior creatore della moda italiana, Roberto Capucci, ha firmato il costume per lo spettacolare assolo di Bernal. È la prima volta che l’immaginifico creatore firma costumi per la danza. L’altissima moda ha fatto dunque il suo ingresso regale a “Les Étoiles, gala internazionale di danza” a cura di Daniele Cipriani.

Un connubio fecondo, quello fra danza e moda, nato nei primi del Novecento grazie alla geniale intuizione dell’impresario dei Ballets Russes, Serghei Diaghilev, che usava commissionare costumi da couturier di grido come Paul Poiret, Mariano Fortuny e Coco Chanel. Da allora, sono numerosi gli stilisti che hanno disegnato per l’arte della danza, numerose le tendenze lanciate proprio dai palcoscenici di Tersicore da Versace ad Armani. A loro si è unito anche Roberto Capucci.

“Qualche anno fa, mentre rimettevo in ordine il mio archivio di disegni per la Fondazione – ha raccontato Capucci – mi imbattei in una vecchia bustona ingiallita. Ne lessi il contenuto. Feci un salto indietro nel tempo dei miei ricordi. Correva l’anno 1948 e avevo 18 anni, ero un giovane studente dell’Accademia delle Belle Arti. La busta conteneva bozzetti di costumi per una rivista musicale che doveva debuttare a Buenos Aires. Mi ricordo con quale passione e quante attese mi ero messo a creare quei costumi. Ma, come spesso accade, il progetto non andò in porto. Gli eventi della mia vita professionale presero la piega che tutti conosciamo. Ma se le cose fossero andate in altro modo oggi forse non sarei un creatore di moda ma vivrei in Argentina. A parte l’esperienza con il Teatro di San Carlo di Napoli con Capriccio di Richard Strauss (2002) e le molte collaborazioni con la mia cara amica, il soprano Raina Kabaivanska, non ho mai creato per la scena. Ma il costume teatrale è sempre rimasto nel mio cuore e da qualche anno ho cominciato, nel mio tempo libero, a creare in questa direzione.”

Capucci ha cominciato ad esporre disegni di questo progetto a qualche mostra. In occasione della Sovrana Eleganza al Castello della principessa Odescalchi fino alle ultime due mostre, Capucci Dionisiaco. Disegni per il teatro, che si è svolta a Firenze, a Palazzo Pitti e Spettacolo onirico. Disegni per il teatro, in programma a Napoli a Palazzo Scarpetta. Il successo di critica e pubblico hanno spinto Capucci a continuare su questa strada. È quindi con forte emozione ed energia che ha accettato la sfida de Les Etoile e del suo patron Daniele Cipriani.

L’abito che Capucci ha disegnato per Sergio Bernal possiede i colori e l’energia della Spagna. Rosso sangue, con ricami dorati come le sfumature di Plaza de Toros e un drappeggio che ricorda la mantilla. Emozionante vedere come uno stilista sia riuscito a trasformare una coreografia in un costume ed a cogliere lo spirito con cui il danzatore è andato in scena. Bernal, che ha curato anche la coreografia di “Zapateado”, è bravissimo, un genio, il vestito che Capucci ha creato per il suo assolo sembra far parte di lui. E lui fa parte di questo atto creativo, come in uno scambio reciproco.

Sergio Bernal, 29 anni, madrileno, ha la tecnica di un ballerino di danza classica e il temperamento di un interprete di flamenco. Viene applaudito, nei teatri di tutto il mondo, per la farruca del Molinero, così come nella coreografia “Il cigno” di Ricardo Cue, dove sulle musiche di Saint-Saëns, con uno slip e basta, a coprire un corpo statuario, mette le ali della fantasia a un personaggio solitamente legato al repertorio femminile.

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Foto: Massimo Danza

Miriam Mendoza e Sergio Bernal: “The last encounter”.

Un altro bel foto-reportage su di un balletto svoltosi nell’ambito de “Les Étoiles, gala internazionale di danza” a cura di Daniele Cipriani.

Questa edizione del Galà, oltre ad avere numerosi richiami al mondo del cinema, è stata impreziosita da un tocco ispanico. Sergio Bernal, Balletto Nazionale Spagnolo, e Miriam Mendoza, ballerina solista del Balletto Nazionale di Spagna, hanno dato vita per Les Etoiles di Daniele Cipriani, alla Prima italiana, “The Last Encounter”, con le coreografie di Ricardo Cue. Un quadro di grande eleganza e passione: un calpestio d’amore che finisce con un distacco, dal quale traspare tutto il loro vissuto fatto di passione e di scontri, di addii e di riprese, quasi evocando la coppia Fred Astaire e Ginger Rogers dal sabor iberico. Le note di “Hable con Ella”, di Alberto Iglesias, già colonna sonora dell’omonimo film di Pedro Almodovar, uno dei migliori registi di questi anni, hanno fatto il resto.

Miriam Mendoza ha iniziato gli studi di danza all’età di 12 anni presso il Royal Professional Dance Conservatory, finendo la laurea con una qualifica eccezionale. Durante la sua permanenza al Conservatorio partecipa al laboratorio coreografico, interpretando numerose coreografie del suo repertorio.

Si è formata con insegnanti come José Antonio Ruiz, Aída Gómez, Maribel Gallardo, Aurora Bosch, Fernando Romero e Merche Esmeralda. Partecipa al film “Iberia” di Carlos Saura.

Nel 2006, è entrata nel Workshop di studio del Balletto Nazionale di Spagna sotto la direzione di José Antonio Ruiz e nell’Aprile 2008 è entrata a far parte della compagnia Aída Gómez combinandola con la compagnia Rafael Aguilar. Successivamente, entra a far parte della compagnia Antonio Najarro negli spettacoli “Flamencoriental” e “Jazzing Flamenco”.

Ha interpretato ruoli da protagonista nella coreografia del repertorio come: Il cappello a tre punte (La molinera), Fantasía GalaicaPaso a cuatroViva Navarra ed Electra.

Nell’ Ottobre 2010 è entrata a far parte del Dance Corps della BNE, sotto la direzione di José Antonio. Dal 2012 è ballerina solista del Balletto Nazionale di Spagna.

Sergio Bernal, 29 anni, madrileno, ha la tecnica di un ballerino di danza classica e il temperamento di un interprete di flamenco. Viene applaudito, nei teatri di tutto il mondo, per la farruca del Molinero, così come nella coreografia “Il cigno” di Ricardo Cue, dove sulle musiche di Saint-Saëns, con uno slip e basta a coprire un corpo statuario, mette le ali della fantasia ad un personaggio solitamente legato al repertorio femminile.

“Ogni volta che ripropongo ‘Il cigno’ mi concentro sulla solitudine, sul silenzio. Ballo le ultime ore di vita di un essere vivente, di un cigno, appunto, ruolo solitamente affidato alle mie colleghe donne. Ma io credo che in quel momento, quando si sente la vita che fugge via, non si è né uomini, né donne, ma persone, sole”.

Bernal ha cominciato studiando il flamenco che è rimasto la sua passione, la base della sua tecnica, ma soprattutto è il punto di riferimento espressivo per riuscire a manifestare i suoi sentimenti.

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Foto: Massimo Danza