“Eleonora Abbagnato con le Stelle Italiane nel Mondo”, Gala a cura di Daniele Cipriani, ha riunito sulla scena del Festival di Spoleto l’eccellenza italiana nel mondo.
“Danza Macabra” op. 40 (Danse macabre) è un breve poema sinfonico composto nel 1874 da Camille Saint-Saëns che nacque come Chanson (voce e pianoforte) e fu successivamente strumentata. La “Danse Macabre” è stata eseguita per la prima volta il 25 Gennaio 1874 ai Concerts Colonne di Parigi, dove qualche settimana prima era stato presentato il “Phaéton op. 39”, il secondo lavoro del genere di Camille Saint-Saëns.
Tra le numerose fonti d’ispirazione – la danza macabra, amata dall’iconografia medievale, fu già soggetto ispiratore di musiche (Totentanz di Liszt, ad esempio) e trasfigurazioni letterarie (come La maschera della morte rossa di Edgar Allan Poe) – il compositore si rivolse al poemetto grottesco scritto da Henri Cazalis sulla scorta della rinomata ballata di Goethe, che aveva creato una scena parodistica in cui la morte suonava un violino scordato in un cimitero.
La musica di Saint-Saëns non accoglie le ordinarie suggestioni demoniache ma prende le mosse dall’originale rilettura per cercare il “caratteristico” in una strumentazione ammiccante e spiritosa.
I dodici rintocchi della mezzanotte sono eseguiti pizzicando una corda d’arpa (quella del Re).
Si odono strani passi nel cimitero, riprodotti da un contrabbasso pizzicato e allora appare la Morte che suona il violino. Il violino della Morte, oltre ad avere la corda più alta “scordata” appositamente, suona anche in tonalità diversa: infatti esegue degli accordi di Mi minore, mentre il brano è in Mi maggiore. Questo tema, il tema del richiamo, rappresenta la Morte che accorda il violino.
Il tema A rappresenta i corpi dei defunti che si levano dalle tombe. Inizia con un’introduzione “spettrale” del flauto accompagnato dall’arpa per poi passare agli archi. Una terzina di timpani e riappare la Morte che comincia a suonare la sua lamentosa melodia con il suo violino scordato. Gli scheletri escono dalle tombe: sono rappresentati dal flauto e dopo la loro introduzione sulla scena riappare il violino della Morte. Avvolti in bianchi sudari si mettono a ballare forsennatamente: questa scena è descritta dal violino e dall’orchestra, sotto i rintocchi cadenzati del triangolo e dei timpani, tutti in fortissimo.
La danza vera e propria è formata da contrabbassi e violoncelli (sempre in fortissimo) che ripropongono il tema B inframmezzati da suoni “animaleschi” degli ottoni: le grida e le risa dei defunti. Nel quadro successivo riappare il tema A suonato dal violino scordato della Morte e a intervalli si presenta lo xilofono, una rappresentazione comica del rumore secco delle ossa degli scheletri che danzano. Il tema B diventa una fuga, una variazione sul famoso tema del Dies irae, suonato da tutta l’orchestra e poi presentato prima dai legni e poi dai tromboni. Un’altra variazione sul tema B: introduzione del violino, passaggio ai legni, ritorno al violino e ripresa da tutti gli archi. Il silenzio è rotto dalla Morte che riprende a suonare prima il tema A e poi il tema B, sotto forma di canone, presentato da violino, trombe e xilofoni. A questo segue un breve tema di passaggio eseguito dall’orchestra al completo, poi decrescere in un pianissimo: l’orchestra ripropone frammenti del tema A interrotti dal rullare in crescendo dei timpani. Il tema passa poi alle trombe.
Inizia un folle crescendo: gli archi imitano le folate del vento mentre il violino scordato suona di nuovo il tema A e il tema B (quest’ultimo variato): il crescendo arriva a un fortissimo, fatto dalla sovrapposizione del tema A suonato dagli archi e del tema B, riproposto dagli ottoni, il tutto scandito dall’assordante esplodere degli archi. Persino il vento (rappresentato ancora dagli archi) si unisce al coro degli spiriti (orchestra).
Improvvisamente si arresta tutto. Si sente solo un oboe, che rappresenta il canto del gallo, ovvero l’alba. Un rabbioso colpo di timpani e il tremolo d’archi segna la fine della ridda e la Morte, vinta dall’arrivo dell’alba, suona il tema conclusivo con il suo scordato violino. La scena (e la composizione) si conclude con un pizzicato d’archi.
LF Magazine
Foto: Massimo Danza