Tatiana Melnik e Bakhtiyar Adamdzhan in “Don Chisciotte” (pas de deux, III atto)

Un altro intenso “passo a due” tratto da “Les Étoiles Gala Internazionale di Danza” a cura di Daniele Cipriani.

La trama del celebre balletto di Marius Petipa è tratta dal romanzo “El ingenioso hidalgo Don Quijote de la Mancha” (L’arguto cavaliere Don Chisciotte della Mancia) dello scrittore spagnolo Miguel de Cervantes (1547-1616), pubblicato in due parti trail 1605 e il 1615. Questo romanzo ha iniziato a destare l’interesse del mondo della danza già nel Seicento, dopo che in Francia era cominciata a circolare la sua traduzione. Ma è stato soprattutto intorno alla metà del Settecento, con l’affacciarsi del nuovo genere del balletto pantomimo, che si sono susseguite diverse creazioni ispirate al soggetto di Cervantes: tra le più rinomate, quella di Franz Anton Hilverding, che nel 1740 ha prodotto “Dom Quichot ou Les noces de Gamache” (Don Chisciotte o Le nozze di Gamache) per il Teatro Kärntnertor di Vienna.

Nel 1743 è stata la volta di Jean-Barthélemy Lany, che ha creato le coreografie per la comédie-lyrique “Dom Quichotte chez la Duchesse (Don Chisciotte a casa della Duchessa) per l’Académie Royale de Musique (Opéra) di Parigi. Gli interpreti erano i celebri Marie Camargo, David Dumoulin e Louis Dupré; nel 1768 anche Jean-Georges Noverre, all’epoca maître de ballet dei Teatri Imperiali di Vienna, ha realizzato Don Chischotte per il Burgtheater. Le creazioni settecentesche tuttavia non erano ancora incentrate sull’amore contrastato tra il barbiere e la figlia dell’oste, che nel romanzo di Cervantes si chiamavano rispettivamente Basil e Quiteria (o Chilteria), ed è stato solo nell’Ottocento che il balletto, come lo conosciamo oggi, ha iniziato a prendere forma.

La prima creazione importante si è avuta nel 1801 all’Opéra di Parigi, con “Les Nocesde Gamachedi Louis Milon” (all’epoca maître de ballet adjointdi Pierre Gardel), interpretato da Auguste Vestris nel ruolo di Basil e Jean-Pierre Aumer in quello di Don Chisciotte. Il balletto di Milon è divenuto un paradigma per le creazioni successive in quanto, per la prima volta, la trama era incentrata sull’amore tra Quiteria e Basil.

Fuori della Francia si è avuto il “Don Kikhotdi Charles-Louis Didelot”, creato nel 1808 per il Teatro Imperiale di San Pietroburgo.

Nel 1837 anche August Bournonville ha creato una sua versione per il Teatro Realedanese, ossia “Don Quixote ved Camachos Bryllup” (Don Chisciotte alle nozze di Gamache), danzato da lui stesso nel ruolo di Basil e da Lucile Grahn in quello di Quiteira. Osserviamo che Camacho è il nome originale di Gamache nel romanzo di Cervantes.

Infine si è avuta anche una versione italiana dal titolo “Le avventure di Don Chisciotte”, opera del 1843 di Salvatore Taglioni per il Teatro Regio di Torino. Tuttavia a creare la versione che si è imposta nel repertorio del balletto classico fino ai nostri giorni, è stato Marius Petipa, che si è ispirato al romanzo di Cervantes solo in parte, per poter proporre uno spettacolo sul genere della commedia con un personaggio surreale come lo hidalgo Don Chisciotte. Costruita sulla falsariga di quello di Milon, quindi incentrato sull’amore di Basil e Quiteira, la versione di Petipa, per la prima volta, introduce il nome di Kitri al posto di Quiteira e, come era d’uso nelle creazioni del coreografo francese, contiene un richiamo ai balletti del primo romanticismo con l’inserimento dell’atto delle Driadi, tipico atto bianco che rappresenta il contrasto tra il sogno e la realtà. Tuttavia, a differenza dei balletti romantici della prima metà del secolo, questo è a lieto fine perché impostato sul genere della commedia, come Coppélia ou la Filleaux yeux d’émaildi Arthur Saint-Léon.

Il Don Chisciotte di Petipa in realtà ha avuto due versioni: è andato in scena per la prima volta il 26 Dicembre 1869 al Teatro Bol’šoi di Mosca, strutturato in un prologo, quattro atti e otto quadri e una seconda volta il 21 Novembre 1871 al Bol’šoi Kamennyj di San Pietroburgo, articolato in un prologo, cinque atti e undici quadri. La musica è stata composta dall’austriaco Ludwig (Léon) Minkus (1826-1917)3, all’epoca compositore ufficiale dei Teatri Imperiali e già autore, per l’Opéra di Parigi, di alcune musiche di Paquitadi Joseph Mazilier nel 1846.

Per Petipa, il soggetto, ambientato in Spagna, è stato l’occasione per introdurre le danze nazionali di quel paese, che egli aveva imparato durante i quattro anni del suo soggiorno a Madrid, dal 1842 al 1846. Infatti nella prima versione solo il personaggio di Dulcinea, peraltro ancora distinto da quello di Kitri e perciò interpretato da un’altra ballerina, danzava secondo i canoni accademici puri, e in generale si susseguivano diverse danze di carattere spagnolo attinte al folklore locale, come una zingaresca, una jota aragonese, una seguidilla, un fandango, una lola e una morena danzata da Kitri eBasilio. Vi era inoltre una danza di toreri armati di spade. Il coreografo ha tenuto presente il gusto del pubblico moscovita, meno raffinato di quello pietroburghese e ha arricchito il balletto di artifici scenici e di elementi comici e grotteschi. Ad esempio, nella scena del campo degli zingari, Kitri, scappata di casa vestita da uomo per sfuggire al matrimonio con Gamache, prendeva parte a una danza comica in cui un Arlecchino (il celebre danzatore grottesco Leon Espinosa), con in mano una gabbia per uccelli, cercava di catturare alcune allodole, rappresentate da sei danzatrici oltre alla protagonista. La folle battaglia di Don Chisciotte contro i mulini a vento era dovuta alla sua volontà di soccorrere la luna attaccata da giganti immaginari. Egli infatti aveva scambiato la luna sorgente per la sua amata Dolcinea, ma grazie a un artifizio scenico, la luna sorgeva versando copiose lacrime, che si trasformavano poi in una gran risata suscitando l’ilarità del pubblico. Dopo aver combattuto contro svariati mostri e aver sconfitto un ragno gigante che gli sbarrava il passo con la sua enorme tela , l’hidalgo cadeva addormentato e sognava di lottare con degli strani cactus, rappresentati da ballerini vestiti con forme mostruose.

In definitiva, la prima versione di Petipa aveva tutte le caratteristiche di una commedia, nella quale si riversavano diversi passaggi del romanzo di Cervantes, accompagnati da scene di fantasia trattate con un fine umorismo.

Il balletto rappresentato a Mosca aveva ottenuto un gran successo di pubblico, perciò tre anni dopo, Petipa ha pensato di riproporlo a San Pietroburgo, modificandolo in parte per andare incontro ai gusti più raffinati del pubblico della capitale e quindi anche allungandone la durata in ben cinque atti e undici quadri, oltre al prologo. La nuova versione ha debuttato il 21 Novembre 1871 al teatro Bol’šoi Kamennyj. Le modifiche miravano a dare maggior rilievo alla danza classica pura rispetto agli elementi basati sulle danze nazionali, le quali sono state notevolmente ridotte e anche stilizzate secondo i canoni accademici, perdendo molte caratteristiche riconducibili al folklore. Il coreografo ha inoltre eliminato le parti comiche e grottesche – come la cattura delle allodole, il combattimento con i cactus e la luna in lacrime – e ha modificato totalmente l’episodio del sogno di Don Chisciotte, rendendolo un vero e proprio atto bianco popolato da esseri sovrannaturali, secondo lo stile del primo romanticismo. Nel sogno infatti lo hidalgo, dopo aver ucciso il ragno gigante, veniva catapultato nel regno delle Driadi (ninfe dei boschi), a cui facevano corona cinquantadue piccoli Cupidi, interpretati dagli allievi della Scuola di Ballo dei Teatri Imperiali. Inoltre il personaggio di Dulcinea è stato unificato a quello di Kitri e quindi interpretato dalla stessa danzatrice. L’atto aggiunto, costituito da tre quadri, rappresentava il castello del Duca e della Duchessa, rievocando così un altro episodio del romanzo di Cervantes e venendo a costituire l’ambientazione ideale per il divertissement finale che inscenava le nozze dei due innamorati, al quale partecipavano anche i cinquantadue piccoli Cupidi dell’atto bianco. Questa versione terminava con la morte di Don Chisciotte, in adesione al romanzo di Cervantes.

Nel pas de deux del terzo atto, tratto da “Les Étoiles Gala Internazionale di Danza” a cura di Daniele Cipriani, eseguito da Tatiana Melnik e Bakhtiyar Adamdzhan, i due innamorati si rifugiano in una locanda: ma vengono trovati da Lorenzo, Gamache, Don Chisciotte e Sancho Panza. Basilio tenta di salvare la situazione simulando il suicidio, mentre Kitri implora l’aiuto di Don Chisciotte; così il cavaliere convince l’oste a sposare i due amanti, prima che Basilio muoia. Ottenuto il consenso Basilio svela l’inganno e si rialza: furibondo Gamache sfida in un duello Don Chisciotte e viene sconfitto.
Così, Kitri e Basilio possono coronare il loro amore con le fatidiche nozze, mentre il cavaliere e lo scudiero partono per una nuova avventura.

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Foto: Massimo Danza

REBECCA STORANI E YOUNG GYU CHOI in “DIANA e ATTEONE”

Rivediamo sempre volentieri nel travolgente “pas de deux”, tratto da “La Esmeralda”, Rebecca Storani e Young Gyu Choi dal Dutch National Ballet.

Sono stati tra i grandi protagonisti di “Les étoiles”, Gala a cura di Daniele Cipriani, in scena lo scorso Luglio al Ravenna Festival: Rebecca Storani e Young Gyu Choi dal Dutch National Ballet, che rivediamo sempre volentieri nel travolgente “Diana e Atteone” (pas de deux).

Nata a Terni, Rebecca Storani ha studiato presso la Scuola del Balletto di Amburgo e si è in seguito diplomata con lode all’Accademia Nazionale di Danza di Roma. Nel 2014 è entrata a far parte del Semperoper Ballett di Dresda e nel 2015 della Companhia Nacional de Bailado di Lisbona, danzando nelle principali produzioni con ruoli da solista.

Nel 2017 è entrata a far parte del Ballet de Catalunya, dove è stata nominata Prima solista nel 2018. Attualmente danza per il Dutch National Ballet. Nel suo repertorio, ruoli da solista e protagonista nelle più note creazioni classiche, neoclassiche e contemporanee. Numerosi i riconoscimenti e le partecipazioni a gala internazionali, tra i quali “Star Gala” di Barcellona e “IBStage Gala”.

Nato in Corea del Sud, Young Gyu Choi ha iniziato gli studi di danza all’età di otto anni presso la Sunhwa Arts School di Seoul; ha poi continuato alla Tanz Akademie Zürich e alla Korean University of Art. Nel 2011 è entrato a far parte del Dutch National Ballet, dove nel 2015, dopo il debutto nel ruolo del Principe ne “Lo Schiaccianoci”, è stato nominato principal dancer.

Ha interpretato i ruoli principali nei più noti balletti del repertorio classico: Swan lake, Giselle, Don Quixote, La bayadere, Coppelia, Cinderella, Sleeping Beauty. Nel 2017 ha ricevuto il prestigioso Alexandra Radius Award. E’ regolarmente ospite dei più importanti gala internazionali, tra i quali Maya Plisetskaya Celebration Gala e Weltstar Gala di Vienna, oltre che di grandi compagnie, come Kiev Ballet e Universal Ballet (Korea).

Secondo alcuni autori, l’origine del passo a due Diana e Atteone, con la coreografia di Agrippina Vaganova, Petipa lo avrebbe creato per la sua versione de La Esmeralda del 1886, su musica appositamente composta da Riccardo Drigo, e che Agrippina Vaganova, avrebbe mantenuto nella sua ripresa de La Esmeralda del 1935, ma creando una nuova coreografia: quella alla base del passo a due ancor oggi ballato nei gala.

I fatti sono leggermente diversi, anche se quanto sopra ricordato contiene alcuni punti comprovati: Petipa mai introdusse ne La Esmeralda alcun passo a due che si sarebbe evoluto nel Diane et Acteon pas de deux. L’interpolazione avvenne molto più tardi e da parte di tutt’altro coreografo. Fu Vaganova ad aggiungere, per la prima volta, il passo a due Diana e Atteone a La Esmeralda, in occasione della sua ripresa del 1935, creando quella coreografia che è sostanzialmente giunta fino a noi, ma mutuando il passo a due da un altro balletto totalmente di Petipa: Tsar Kandavl (Le Roi Candaule).

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Foto: Massimo Danza

ANNA TSYGANKOVA E CONSTANTINE ALLEN “LAGO DEI CIGNI”

Anna Tsygankova e Constantine Allen in “Il lago dei cigni” (pas de deux del cigno nero, III atto).

In attesa del prestigioso “Les Étoiles Gala Internazionale di Danza” a cura di Daniele Cipriani, che si svolgerà nel Gennaio prossimo a Roma, un “assaggio” della performance ‘a due’ con la coreografia di Marius Petipa.

Il 2020 si aprirà con il “Gala internazionale di danza” a cura di Daniele Cipriani, che attinge dal firmamento della danza per portare in scena le sue étoile più brillanti sul palco dell’Auditorium Parco della Musica di Roma Sala Santa Cecilia: le date sono il 24 e il 25 Gennaioe 2020 alle ore 21:00, il 26 Gennaio alle ore 17:00.

Il cast di Les Étoiles è formato dai più grandi nomi del balletto classico, ballerini dalle personalità splendenti e dalla tecnica sfavillante, in un ricco programma di brillanti virtuosismi e momenti di struggente lirismo: amatissimi brani tratti dal repertorio classico, accanto a lavori recenti, firmati dai coreografi attualmente più in vista.

Les Étoiles, la cui prima edizione risale al 2015, è una formula ben rodata ed acclamata dal grande pubblico, l’appuntamento di danza più atteso della capitale e di altre città italiane, un gala cult che ha incantato il pubblico di prestigiosi teatri, dall’Auditorium Parco della Musica all’Auditorium Conciliazione di Roma, dalla Fenice di Venezia al Lirico di Cagliari. I nomi in cartellone ed il programma richiamano un ampio ed eterogeneo pubblico di tutte le età, tra cui molti turisti. Oltre 5.000 gli spettatori della Sala Santa Cecilia, (Gennaio 2018), vastissima la copertura mediatica, con presentazioni, interviste e recensioni, sulle reti nazionali e regionali dei TG e dei GR RAI, sulle pagine dei maggiori quotidiani, sulle copertine dei settimanali.

Simpatica consuetudine di Les Étoiles, è quella dell’ ‘étoile a sorpresa’, che crea suspense tra i ballettofili mentre un’altra, che piacerà ai romantici, è quella di ospitare coppie di primi ballerini che sono anche coppie nella vita. L’intesa tra di loro è palpabile in scena e va a rendere ancora più intensa l’alchimia tra i protagonisti.

Hanno varcato il palcoscenico di Les Étoiles stelle come Svetlana Zakharova, Marianela Nuñez, Ivan Vasiliev, Vladimir Shklyarov, Daniil Simkin, Tiler Peck: artisti provenienti da compagnie come il Bolshoi di Mosca, il Mariinsky di San Pietroburgo, lo Hamburg Ballet, il Royal Ballet di Londra, l’Opéra di Parigi o il New York City Ballet. Tra i leitmotif di Les Étoiles c’è dunque la sua internazionalità, non solo le diverse nazionalità dei ballerini e dei teatri di provenienza, ma anche quelle dei compositori e dei coreografi. Questo sottolinea il messaggio di unione in cui la danza si presenta quale modello di una società e di un mondo ideali. Les Étoiles diventa ‘Le Nazioni Unite della Danza’: in quest’epoca in cui riaffiorano pericolosi nazionalismi, fanatismi, xenofobie, contrapposizioni politiche e religiose, il gala Les Étoiles è un inno all’armonia tra i popoli del nostro pianeta.

In attesa di questo prestigioso evento, vogliamo raccontarvi, nel dettaglio, il III atto tratto dal capolavoro “Il lago dei cigni” di Piotr Ilic Chaikovsky, eseguito da Anna Tsygankova e Constantine Allen.

Il libretto è ispirato a una fiaba popolare la cui vicenda di base è diffusa in molti paesi europei e racchiude tutta la meraviglia dei simbolismi, che in età romantica si accompagna a personaggi mitici e un chiaro intento morale. Il risultato della collaborazione tra gli artisti è un balletto indimenticabile dai caratteri molto ben marcati: una fanciulla trasformata in cigno bianco in seguito a una maledizione (Odette), un principe (Siegfried), un cigno nero malvagio (Odile), figlio d’uno stregone (von Rothbart); la lotta del bene contro il male e un finale alterno che si gioca tra il trionfo dell’amore e quello della morte.

Accurate ricerche filologiche hanno cercato di ricostruire le fonti letterarie della fiaba, attingendo a varie tradizioni: il poema epico russo Mikhail Ivanovic il vagabondo, oppure Il velo rubato, leggenda tedesca di Johann Musaus risalente al XVIII secolo, o ancora un poema di Pushkin del 1869, La storia dello zar Saltan, che Chaikovsky custodiva nella propria biblioteca con note autografe a matita nei margini (e che più tardi sarebbe diventata l’omonima opera di Nikolaj Rimskij Korsakov).

“Il lago dei cigni” costituisce un capolavoro di coerenza stilistica; tuttavia, dopo la revisione di Petipa, nel III atto tutto cambia, in corrispondenza dell’apparizione di Odile (il cigno nero); estetica, danza, scelte musicali (incluse alcune nuove inserzioni e interpolazioni rispetto ai numeri originali) producono una svolta di 180 gradi al fine di preparare il momento cuspide del balletto. Mentre nel II atto i personaggi sulla scena si limitano ai cigni, Odette e il principe, che esaltano l’estetica del bianco quale colore dominante, e la musica si concentra su di un’atmosfera di lirica serenità, in quello successivo, si alternano sin dall’inizio fastose scene corali e scontri drammatici dei caratteri individuali (la musica accompagna prodigiosamente la nuova situazione drammaturgica, ma è necessario ricordare che quasi tutti i numeri musicali previsti per il famoso pas de deux di questo atto in realtà furono composti da Chaikovsky per l’analogo Pas des deux del I atto: furono Petipa e Drigo a trasferirli a questo punto). Il III atto è il momento in cui subentra l’elemento diabolico e magico del cigno nero: il contrasto rispetto ai quadri precedenti si fa evidente, con uno scontro bianco-nero che resta dominante fino alla fine.

Il cambiamento più notevole nella struttura musicale riguarda, come si è già accennato, il Grand Pas des deux del III atto, ossia il momento in cui il Cigno nero (Odile) si esibisce in voluttuose e funamboliche variazioni al fine di avvincere Siegfried e allontanarlo da Odette. Drigo, oltre ad aggiungere una nuova coda al Grand Adagio e a interpolare altri materiali di Chaikovsky, rivide completamente l’orchestrazione. Non si trattò affatto di una banalizzazione, giacché Drigo cercò di tradurre in musica (rivisitata o sua) il progetto coreografico di Petitpa, che a sua volta aveva sfruttato tutte le risorse della partitura originale.

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Foto: Massimo Danza