ROYAL NEW ZEALAND BALLET

La più importante istituzione di danza neozelandese lo scorso dicembre per la prima volta in Italia.

Eccezionale capacità tecnica, energia, entusiasmo ed un affiatamento come poche altre compagnie al mondo. Sono alcune delle caratteristiche del Royal New Zealand Ballet, la più importante istituzione di danza neozelandese per la prima volta in Italia il 3 dicembre scorso all’Auditorium della Conciliazione di Roma, in occasione della 10ma edizione della Rassegna Tersicore con la direzione artistica di Daniele Cipriani.

Più di sessant’anni di storia alle spalle, un repertorio eclettico e un collettivo di cui fanno parte 38 strepitosi danzatori di sei diverse nazionalità. Con un tocco italiano, quello di Francesco Ventriglia, ballerino e coreografo che, dopo l’esperienza al Maggio Musicale Fiorentino, da un anno ne è il direttore artistico. “Passchendaele” è uno dei lavori presentati e di cui riportiamo alcune immagini: una coreografia del neozelandese Neil Ieremia, che ne ha curato anche le scenografie ed i costumi, un’opera creata in memoria del contributo della Nuova Zelanda alla prima guerra mondiale e di cui ricorre il centenario.

Paola Sarto

Foto di Massimo Danza

SVETLANA ZAKHAROVA, LA DIVINA DELLA DANZA.

L’étoile del Teatro Bolshoi di Mosca e del Teatro alla Scala di Milano è tornata a Roma il 21 ed il 22 dicembre  all’Auditorium della Conciliazione, in uno spettacolo-evento voluto da Daniele Cipriani, direttore artistico della Rassegna “Tersicore”.

Abbiamo assistito ad un grande evento di Danza, il ritorno a Roma il 21 e 22 dicembre di Svetlana Zakharova, étoile del Teatro Bolshoi di Mosca e del Teatro alla Scala di Milano. L’attesissimo spettacolo, intitolato “Pas de deux for toes and fingers”, è stato un gala-concerto dove la “divina” ha danzato accompagnata dalle note di uno dei più grandi violinisti di oggi, Vadim Repin, suo partner anche nella vita, e dall’orchestra giovanile “Luigi Cherubini”, formazione creata nel 2004 da Riccardo Muti e qui diretta dallo stesso Vadim Repin. Partner sulla scena della meravigliosa danzatrice anche gli straordinari Vjaceslav Lopatin e Mikhail Lobukhin, stelle del Teatro Bolshoi, Vladimir Varnava, danzatore e coreografo del Teatro Mariinskij, e l’étoile danese Johan Kobborg. La Zakharova ha interpretato magnificamente alcuni passaggi tratti dal suo celebre repertorio, tra i quali due “assolo”: una indimenticabile “morte del cigno”, struggente e perfetta, ed  il drammatico ed intenso “revelation”, regalandoci momenti di rara elevazione artistica.  La perfezione, per la Zakharova, è il mezzo attraverso il quale condurre lo spettatore sulle vette sublimi della Danza, apici rarefatti dai quali riusciamo ad affacciarci per indimenticabili, vertiginosi istanti. I suoi arti sembrano trapassare la dimensionalità spaziale, possiedono il movimento e ne entrano vettorialmente nel segreto, rendendone visibili i misteri. Terminato lo spettacolo, portiamo con noi un profondo senso di gratitudine verso una grande Artista e la consapevolezza di aver vissuto una rara esperienza. Un ringraziamento speciale va a Daniele Cipriani, per l’eccellente organizzazione di importanti eventi di Danza come questo al quale abbiamo assistito.

Paola Sarto

Foto di Massimo Danza

MASSIMILIANO MARTORIATI: “DANZARE E’ VOLGERSI AL DIVINO”.

Incontro con il primo ballerino Massimiliano Martoriati.

L’appuntamento con Massimiliano Martoriati è fissato in un bel pomeriggio di ottobre, è un mese che lo inseguo per un servizio fotografico, ha voluto del tempo per intensificare gli allenamenti ed essere in forma perfetta, e finalmente è arrivato il momento. Ho pensato: un perfezionista e, prima di tutto, un vero professionista. Ma questo lo sapevo già: Massimo Danza qualche tempo prima lo aveva fotografato nel suo atelier, come documentano le foto a corredo di questo articolo.

Vado a prenderlo alla stazione di Anzio e mentre scende dal treno e mi viene incontro, leggero ed incorporeo, osservo incantata, ancora una volta, come la Danza sia quella celeste entità che assume sembianze umane attraverso i Danzatori, esseri provenienti da lontani spazi cosmici, prossimi alle stelle e, per dirla con Dante, venuti dal cielo in terra a miracol mostrare: Massimiliano Martoriati, Max per gli amici, “è” la Danza, e me lo rivela sin dallo sguardo, irraggiungibile, e dai gesti ampi e musicali.

Romano, cresce in arte e bellezza circondato da una famiglia di creativi. Inizia danzare a 14 anni con il genere moderno a cui affianca lo studio del classico che non abbandonerà più ed approfondisce, nel corso degli anni, ogni altra forma espressiva di movimento. Il suo esordio è tanto precoce quanto brillante: A 17 anni danza ne “L’intervista” di Federico Fellini, a 18 anni recita accanto a Valeria Golino nel film “Storia d’amore” di Francesco Maselli ma soprattutto supera le selezioni di classico e moderno ed i provini per entrare in RAI dove lavorerà come danzatore, e poi primo ballerino con Gino Landi, per due decenni, alternandosi con Mediaset ed anche con Telecinco in Spagna. Ha duettato con le più famose ballerine e soubrette, Fracci, Dorella, Parisi, Cuccarini, Brandi, Mario, ha lavorato con i più celebri coreografi televisivi, che ritiene i suoi Maestri, Miseria, Landi, Turchi, Brezza, Garofalo, e tanti altri. Il suo principale palcoscenico sono state le popolari e seguitissime trasmissioni del sabato sera, pietre miliari del fenomeno culturale televisivo di quegli anni che è stato il varietà, colonna portante dei palinsesti di Rai e Mediaset e che tanto ha segnato i costumi degli italiani. Ha viaggiato, studiato e lavorato in più Paesi, in una intensa attività di spettacolo tra produzioni televisive, cinema, teatro, videoclip. Oggi crea coreografie ed insegna ma il suo desiderio, mi confessa, è quello di ritirarsi a vivere nella natura.

Arriviamo sulla spiaggia deserta, l’autunno ci avvolge in tutta la sua bellezza: il mare in burrasca e la luce cangiante sono perfetti per il mood dello shooting di Massimo Danza, gli scogli brillano sotto le onde spumeggianti. Prendiamo un caffè, noi abbiamo preso anche un dolce, lui no, non ne mangia, due chiacchiere prima delle foto, mi interessa molto conoscere qualcosa in più di questo affascinante e straordinario artista, e mi appunto qualche suo pensiero.

La Danza è morta. Danzare è espressione creativa degli uomini ma soprattutto è il volgersi al divino, e quando salto sento che mi ci avvicino. Viviamo in un periodo di grande oscurità che soffoca ogni anelito verso l’assoluto. Non è un momento favorevole per l’arte, lo è invece per il materialismo, ed io sono profondamente “non materiale”, soprattutto quando penso che la bravura, il riuscire a trasmettere emozioni siano sufficienti per lavorare”.

Max parla, le sue mani seguono forme sapienti e sprigionano musica, mentre rifletto che una delle magie dei danzatori è anche questa, posseggono il segreto dell’armonia.

Dopo 10 anni di danza ancora non sei niente, dopo 20 anni sei agli inizi, quando hai danzato per 30 anni hai movimento ed espressione da comunicare con intensità al pubblico, sei pronto per “dare” ma la tua carriera è finita. E’ così strano tutto questo”.

Lo esorto a continuare, mentre Massimo Danza prepara la sua macchina fotografica, guardiamo il mare sempre più agitato, tra un po’ la luce è giusta.

Noi danziamo quello che siamo, nella danza non si nasconde nulla, tutto è rivelato di noi, il vissuto, la personalità, l’esperienza, l’intelligenza, la sessualità. La follia contraddistingue il vero artista, cioè il tirare fuori senza paura quello che si ha dentro, parlare di sé davanti a tutti, è un confronto con gli altri che richiede un coraggio enorme, appunto il coraggio della follia”.

Ci affrettiamo a finire i nostri caffè, Max guarda il mare, sembra che sia già lì, sugli scogli, a danzare.

Gli artisti hanno un ego molto forte, e crescendo diventa sempre più difficile per loro mettersi in gioco, forse è per questo che i coreografi di oggi preferiscono lavorare con i giovani di poca esperienza, sono più semplici da gestire, ma in questo mancano di coraggio, dimostrano insicurezza”.

Ma che sogni ha Massimiliano?

Mi piacerebbe abbandonarmi come creta nelle mani di un grande regista, penso ad Almodovar, che riesca a tirar fuori e modellare le potenzialità che ancora non sono riuscito ad esprimere, magari per pigrizia o per mancanza di competitività, non amo lottare per affermarmi, ma essere riconosciuto per ciò che sono”.

E’ ora di andare, raggiungiamo gli scogli e Massimo Danza inizia il suo shooting con questo splendido artista, perfettamente a suo agio tra gli elementi naturali da fondersi con essi e danzarci, in un rapporto dal quale noi “mortali” siamo decisamente esclusi. Sarà un pomeriggio che non dimenticherò, e di cui vi mostrerò presto le foto.

Paola Sarto

Foto di Massimo Danza

I “Quattro quartetti” di Tiziano Di Muzio: il terso mondo delle forme.

Al Teatro Greco di Roma è andato in scena l’ultimo, interessante lavoro del coreografo Tiziano Di Muzio, liberamente ispirato al poema di Thomas S.Eliot.

Nei nostri itinerari di danza abbiamo assistito ad un’opera davvero particolare, “Quattro quartetti”, con la regia e la coreografia di Tiziano Di Muzio, in scena al teatro Greco di Roma lo scorso 30 ottobre.

Le interpreti sono quattro giovani danzatrici: Elena Fogliano, Elisa Fusco, Giorgia Nicolosi e Chiara Tedeschi, straordinarie per preparazione tecnica e plasticità.

Quattro raffinati momenti di danza, che catturano l’attenzione dello spettatore per la purezza delle forme, disegnate con eleganza e misura dai corpi delle danzatrici, pennelli viventi intinti nel lucido e terso iperuranio del bello, in una ricerca estetica che affascina e rasserena.

Una esperienza che ci lascia il desiderio di conoscere meglio questo giovane coreografo ed il suo originale lavoro, che abbiamo vissuto come una meditazione in danza sulla essenza delle forme e la loro bellezza.

Tiziano Di Muzio, trentatreenne, nasce a Chieti. L’amore per l’insegnamento gli è trasmesso con ogni probabilità dalla madre, ex maestra di scuola materna e appassionata di disegno e piccoli lavori manuali. Consegue la maturità artistica nella sezione “pittura e decorazione pittorica”, successivamente acquisisce la laurea di primo livello in Lettere Moderne e dal 2013 è iscritto al corso di Laurea Magistrale Dams (indirizzo teatro) presso l’Università degli Studi Roma Tre dove, in questo periodo, è impegnato nella ricerca sulle scienze del movimento, argomento d’indagine della prossima dissertazione di tesi.

Artisticamente formatosi presso il Renato Greco Dance Studio, lo Ials, la scuola Arte&Balletto di Milena Zullo e la Compagnia N. Euroballetto di Marco Realino, Roma, Tiziano Di Muzio affianca all’attività di danzatore un intenso lavoro di formazione e coreografia (dal 2000 dirige il Centro Studi Danza Jazz di Chieti sotto la guida dell’insegnante Tiziana Carano; nel 2009 apre a Chieti il Centro di Formazione Professionale PROGETTO DANZA asd, oltre ad insegnare e fare stage in diverse scuole d’Italia tra cui L’Ecole De La Danse del M° Tony Ferrante, già Primo ballerino del Teatro San Carlo di Napoli e Direttore della Scuola San Carlina).

Sempre alla ricerca dei “propri” maestri, nel corso degli anni si perfeziona nella modern dance e partecipa a numerosi corsi di formazione e aggiornamento pratico/teorico per insegnanti/coreografi.  Lo abbiamo avvicinato e gli abbiamo posto qualche domanda.

 Tiziano, da dove trae origine l’ispirazione delle tue coreografie?

L’arte nelle sue innumerevoli sfaccettature, il bello e l’armonia sono sempre state l’oggetto di un sentimento profondo che mi ha accompagnato fin da piccolo, attraverso la maturità artistica, l’università e, non in ultimo, lo studio della danza: essa è comunicazione, l’arte attraverso cui posso esprimermi. Le mie coreografie nascono dalla necessità di dire qualcosa, trasmettere, raccontare o semplicemente sono la concretizzazione di uno stimolo che può arrivare da qualsiasi parte. A volte il tempo in cui si elabora, si cerca, si studia è tanto ma poi l’idea che “funziona” arriva, spesso,  inaspettatamente. Non esagero se dico che il mio percorso è nato sulla base di un profondo amore per l’arte in generale: questo condiziona, inconsciamente e non, ogni mia scelta.

 La tua coreografia “Quattro quartetti”: puoi rivelarci i nessi con il poema di Thomas S. Eliot e come nasce questa composizione in danza?

Il testo di Eliot è un regalo di qualche anno fa, il regalo di un carissimo amico ripreso, quasi per caso, dalla libreria del mio studio. Una bella, ma allo stesso tempo, strana coincidenza. In esso era racchiuso tutto quello che avrei voluto dire con la coreografia che mi apprestavo a comporre e rileggerlo mi ha dato questa consapevolezza. E’ difficile da spiegare ma credo che le note di regia sintetizzino al meglio il perché della mia scelta:

“Mistica è la musica. Il cuore del cosmo, luogo segreto dello spirito in cui il tempo e lo spazio ordinari sono sospesi e trascesi, insieme ai numerosi oggetti che popolano la memoria e la vita, sembra che dissolvano i propri contorni, scivolando l’uno attraverso l’altro in direzione di quel centro a-topico e a-cronico che ne costituisce la sorgente nascosta. L’alternanza di reminiscenze e riflessioni, slancio metafisico e rappresentazione disincantata della condizione umana non suscitano una sensazione di lacerante polarità ma di unificazione dinamica degli opposti. L’uomo e la sua natura prismatica si condensano in un tempo e uno spazio “altri”, per poi traboccare via, offrendosi all’ascolto degli umani quale invito alla ricerca dell’ulteriore. Sapiente è la poesia. Il movimento puro si dipana attraverso la trama del tempo: passato e futuro si condensano in un eterno presente. La melodia si fa espressione diventando musica. Musicale è la struttura del Tutto. Esso corrisponde alla divisione in stagioni, agli elementi naturali, all’ineluttabile presenza della morte nella vita attraverso l’esperienza della nascita, della fanciullezza, dell’età matura e della “certa fine” in un movimento circolare che si ripete, apparentemente, sempre uguale ma che al suo interno racchiude infinite storie di vita vissuta. Gli opposti tornano a coincidere secondo un modello reiterato. Mistica e sapienza, vita e distanza dalla vita s’intrecciano. La metamorfosi, attraverso il processo di morte e rinascita, caratterizza la via ardua del viaggio per la conoscenza interiore ma, contemporaneamente, scandisce l’inevitabile distacco da se stessi”.

 Le quattro bravissime danzatrici che abbiamo ammirato sono professioniste della danza o tue allieve? Ci piacerebbe saperne di più e conoscere qualcosa sulla loro preparazione.

Elena, Elisa, Giorgia e Chiara sono tutte mie allieve, con qualche differenza e precisazione. Elena, di Taranto, ha iniziato a studiare nella mia scuola quattro anni fa; le altre sono cresciute tutte nel mio centro. Giorgia e Chiara hanno intrapreso entrambe un percorso di studi a Roma dopo la maturità; Chiara oggi lavora in una compagnia di danza contemporanea mentre Giorgia collabora con me nella scuola di Chieti. La loro preparazione è incentrata sullo studio e sulle prove; uno studio “duro”, disciplinato e consapevole (cosciente sia da parte loro sia degli insegnanti). Le considero tutte professioniste, perché, a mio avviso, esserlo non significa aver firmato un contratto di lavoro: si è professionisti quando si ha una mentalità professionale, etica e rispetto, a qualsiasi età e in qualsiasi situazione di studio e lavoro.

Perché hai scelto di dedicarti all’insegnamento ed alla coreografia, e meno all’attività di danzatore?

Ho iniziato in sostanza da zero (con questo non voglio dire che sono arrivato da qualche parte. Non si arriva mai) e lo “scontro” con la realtà è stato duro. Con il tempo ho cercato di individuare quale potesse essere, a grandi linee, il percorso a me più affine e, sulla base di questo ho indirizzato i miei studi: volevo insegnare, avere la mia scuola, creare i miei lavori e stare “dietro le quinte”. L’ho sempre saputo, l’ho capito immediatamente. La determinazione, il rispetto per quello che sentivo di voler fare e l’incontro con le persone “giuste” hanno fatto il resto. Devo molto a determinate persone, non tante però: gli “umani” sono pochi. La danza è un universo e ognuno deve avere l’onestà di cercare e capire quale sia la propria inclinazione. Per me un “incontro” è stato illuminante: quello con la lettura di un’intervista rilasciata da un Maestro a una rivista dedicata al balletto. Ero agli inizi, i primi anni a Roma e, come ogni inizio, non sapevo bene come orientarmi. Insegnavo già da un anno, mi piaceva…mi piaceva molto! Allora decisi di non lasciare il piccolo gruppo che avevo a Chieti nonostante mi fossi trasferito nella capitale. Da quel momento a oggi un infinito numero di collaborazioni ed esperienze tutte straordinarie e particolarmente formative. Ora posso dire con certezza che già sentivo che la mia attitudine era indirizzata all’insegnamento e alla coreografia ma in quegli anni i “condizionamenti” e la poca esperienza non mi facevano vedere ancora le cose con la chiarezza di oggi; nonostante tutto sono andato dritto per la mia strada. La lettura di quell’intervista diede sostegno a quello che pensavo e che in alcuni momenti mi sembrava non fosse giusto. L’insegnamento, come l’essere coreografo, è una vocazione: non ci s’improvvisa, è congenito. Penso sia un dato di fatto e, purtroppo, tanti dovrebbero rendersene conto. Per questo sorrido quando sento chi sostiene che “c’è un tempo per ballare” e, poi, “un tempo per insegnare (o coreografare)”; sicuramente “c’è un tempo per ballare” che, però, non presuppone necessariamente un tempo per insegnare: le due cose non sono consequenziali. Bisogna essere molto generosi per essere educatori e tante volte ex-danzatori che “ripiegano” sull’insegnamento, sono la più grande sfortuna che possa capitare ad un/una allievo/a. L’unico filo conduttore che, secondo me, non dovrebbe mai spezzarsi è l’amore per lo studio e il sacrificio, senza i quali non credo si possa andare molto “oltre”. Diffido sempre un po’ da chi imposta il proprio percorso su questo presupposto (come chi pensa che la sola “teoria”, quella studiata sui libri, sia sufficiente: non abbiamo in classe allievi/e stampati/e e tutti uguali ma persone, ognuna delle quali con una problematica diversa per le quali la teoria “non funziona”). L’essere stati ottimi danzatori non significa essere ottimi maestri, come non si è insegnanti eccellenti perché ci si è laureati con il massimo dei voti; mi auguro di dire delle grandi ovvietà ma, purtroppo, temo che non sia sempre così.

 Verso quale direzione va oggi l’arte coreografica? Ti ci ritrovi o ritieni di andare in controtendenza?

Senza aprire un dibattito che sicuramente non si potrebbe esaurire in poche righe, mi limito a dire che, forse, rispetto a “certi canoni” vado in controtendenza. Orgoglioso di questo, ovviamente.

 I tuoi progetti, ma anche i desideri.

Progetti in cantiere? Tanti! Sogni? Il “problema” è che anche questi sono tanti! Intanto penso di essere molto fortunato perché tanti sono già stati realizzati, molti dei quali condivisi con le persone che stimo e alle quali voglio bene (anche in questo caso sono pochi). Non ne voglio scegliere uno, spero si realizzino tutti, nessuno escluso.

Caro Tiziano, ci auguriamo di rivedere presto in scena il tuo lavoro, un elevato contributo di pensiero all’arte dei nostri tempi.

Paola Sarto

Foto di Massimo Danza

COME IL SOLE E LA LUNA

Uno spettacolo di Daniela Ferri sul narcisismo esasperato della nostra epoca.

In scena al Teatro Piccolo di Pietralata di Roma il 6, 7 e 8 novembre 2015…e non dimenticate lo specchio!

La Compagnia di danza Ànemos della coreografa Daniela Ferri torna in scena con uno spettacolo innovativo e moderno che, con i suoi danzatori, attraverso la danza contemporanea, il teatro danza e la recitazione di due straordinari attori, Greta Bellusci e Giancarlo Porcari, racconta il narcisismo esasperante e i disturbi di personalità più frequenti nella nostra epoca contemporanea. Secondo il mito Narciso era un bel giovane che rifiutò l’amore della ninfa Eco. Come punizione, fu destinato ad innamorarsi della sua stessa immagine riflessa nell’acqua. Infatti incapace di consumare il suo amore, Narciso rivolgendo lo sguardo rapito nello specchio d’acqua ora dopo ora venne mutato in un fiore che porta il suo nome, il Narciso
La Compagnia Ànemos attraverso le straordinarie coreografie firmate dalla maestra Daniela Ferri e la modernissima regia di Greta Bellusci Giancarlo Porcari e Daniela Ferri giocando ed esaperando in questo eccesso di vanita’ nel rapporto umano e nei rapporti di coppia si racconta in un crescendo di emozioni.

Danzatori: Alessandra Garufi, Martina Varrassi, Rosario Marotta, Raffaele Vitiello.

Paola Sarto

foto Massimo Danza

“SO FAR: RED LINE”: Un viaggio epico sul pianeta Uomo.

La compagnia di Danza Ballet-ex inaugura la stagione teatrale 2015-2016 con una nuova coreografia di Luisa Signorelli.

Al Teatro Greco di Roma si è svolta la prima dello spettacolo “So Far: Red Line”, la nuova coreografia della danzatrice e coreografa Luisa Signorelli, da lei stessa interpretata e dai sei danzatori della sua compagnia Ballet-ex: Christian Di Maio, Carlo Pacienza, Francesco Marino, Simone Baroni, Vincenzo Caiazza, Alessandro Rizzo.

I suggestivi costumi di scena ci ispirano subito atmosfere mitologiche: un motivo ornamentale, che ricorda i tatuaggi tribali, si sviluppa con eleganza lungo il lato sinistro di ciascun abito, essenziale nella forma ma la cui magia si sprigiona dall’arcobaleno di sfumature dei colori primari, uno per ogni coppia di danzatori.

Portatori dell’arcobaleno, i novelli argonauti proseguono il loro coraggioso viaggio riprendendolo da dove ci avevano lasciati con l’ultima opera “So Far”, ovvero sulla individuazione di quella linea di confine, che si rivela assai sottile, tra gli opposti umani.

In questa nuovo spettacolo la linea viene ora superata, in realtà essa è solo un limite, il nostro, che tende a vincolare alla necessità del nostro soffrire o godere.

I coreuti escono dal coro, tentano di individualizzarsi, pur ancora essendo immersi nell’entropia umana;  i loro movimenti rivelano una crescente volontà di autonomia, disegnano abbozzi di universi personali, subito cancellati dalla gomma di una coreografia che crea e disfa con leggiadria, in quadri concatenati, la trama della umana commedia: nulla in realtà rimane com’è, passano le storie degli uomini, diverse ma in fondo sempre uguali, nell’avversione come nell’amore, in un gioco di parti, che si invertono di continuo.

Lo spettatore è intimamente coinvolto dal suggestivo racconto, ne vive la mitica avventura, attraversa le diverse scene col fiato sospeso, sorvolando aurore e tempeste, osserva dall’alto il pathos ed il logos dell’animo umano, sapientemente tratteggiati da una coreografia orchestrata sinfonicamente, esatta ed audace, che si avvale di brani musicali e video di impatto emotivo, con alcuni richiami agli elementi naturali, l’acqua, il vento, ma non mancano i ritmi incalzanti di percussioni, ancestrali richiami  a giustificare una dilagante nevrosi.

I danzatori spiccano per le brillanti doti di versatilità ed interpretazione di ruoli sfaccettati e drammatici, ne seguono le forti tonalità cromatiche con capacità tecniche ed artistiche di assoluto rilievo: regalano al pubblico momenti di intensa emozione, anche commoventi, legati dal filo d’argento di Luisa Signorelli, che attraversa le scene e riequilibra gli animi con elevazioni di incantevole poesia, elemento femminile stilnovistico che sostiene ed ispira l’intero manipolo di eroi.

L’ultimo quadro si svolge sul tema liberatorio di un valzer, è l’arioso affresco finale: tutti i personaggi rientrano in scena, il coro si ricompone in un ampio respiro, il logos ed il pathos vibrano armonicamente in un insieme liricamente ritmato e, sia pure per pochi istanti, la “red line”scompare, il limite è più che superato, perché semplicemente “non c’è”.

Le luci cambiano ed ecco il finale, i danzatori ora si ricongiungono su di un unico fronte, compatti come un muro, sono rivolti allo spettatore, immobili: è lo specchio.  Il magico rito del teatro si ripete, ancora una volta, come da millenni: il viaggio a cui abbiamo assistito è il nostro. Uno spettacolo da non mancare.

Paola Sarto

Foto di Massimo Danza

Altre date:

14 Novembre Teatro Viganò, piazza Fradeletto, Roma

6 dicembre Teatro Don Bosco, Caserta

12 dicembre Teatro Orione, Roma

ALMA

“Alma” è il titolo della nuova coreografia di Luisa Signorelli, coreografa, danzatrice e direttrice della compagnia di danza Ballet-ex.

DIVI “DIVERSAMENTE GIOVANI” 2 : ANA LAGUNA E MATS EK IN “MEMORY”.

Coreografia di Mats Ek. Teatro Argentina di Roma, 24 e 25 giugno 2015. Una produzione di Daniele Cipriani Entertainment.

Un altro lavoro del grande coreografo svedese Mats Ek (70 anni) che lui stesso ha interpretato accanto alla danzatrice spagnola Ana Laguna (60 anni), sua musa e compagna di vita: Memory”. E qui si parla veramente di memoria: non in senso sentimentale o nostalgico, bensì di quella memoria del corpo che assimila i passi, li incarna a livello fisico ed emozionale tramite il meccanismo della ripetizione. Anche dopo anni quella preziosa memoria rimane nel corpo, seppure in stato dormiente, e basta lo stimolo giusto per richiamarla dalla sua ibernazione. Lo hanno capito molti importanti coreografi di oggi che sempre più frequentemente si rivolgono alla profondità interpretativa dei ballerini maturi, vere miniere d’oro di esperienza, emozioni e sapienza.

Foto Massimo Danza

DIVI “DIVERSAMENTE GIOVANI” : ANA LAGUNA E MATS EK IN “POTATO”

Coreografia di Mats Ek. Teatro Argentina di Roma, 24 e 25 giugno 2015. Una produzione di Daniele Cipriani Entertainment.

La danza, come il cinema, innalza un inno alla maturità anagrafica che spesso cela una vitalità inesauribile, un bene di cui la società e l’arte possono fare tesoro.

Con un affettuoso pensiero rivolto ai quattro non più verdissimi cantanti di una casa per musicisti a riposo scaturita dall’immaginazione di un grande regista, i ballerini ‘diversamente giovani’ riempiono il palcoscenico con la loro gioia di danzare nella consapevolezza che, dopo la bellezza acerba della primavera e quella rigogliosa dell’estate, arrivano i ricchi frutti interpretativi della stagione più matura. Mats Ek e Ana Laguna, nomi leggendari della danza contemporanea e festosamente “over 60”,  sono tra i protagonisti  di Quartet Gala, a cura di Daniele Cipriani, andato in scena al Teatro Argentina di Roma il 24 e 25 giugno.

Nel programma un lavoro del grande coreografo svedese Mats Ek (70 anni) che lui stesso ha interpretato accanto alla danzatrice spagnola Ana Laguna (60 anni), sua musa e compagna di vita: Potato. Insieme i due sprigionano una possente energia scenica, l’alchimia tra di loro è tangibile. Se Potato è un giocoso dialogo tra due persone che hanno passato quasi tutta la vita insieme, una coppia rodata e affiatata, che tollera reciproche eccentricità con affetto e profonda amicizia

Un’occasione unica, dunque, per assistere all’autobiografia in danza del celebre binomio Ek/Laguna: per rivedere lei, indimenticabile Giselle nella rivisitazione straordinaria che Ek fece del famoso balletto negli anni ’80 (partner anche, in anni recenti, di Mikhail Baryshnikov), e per vedere lui (cosa rarissima) in veste di ballerino.

In passato sarebbe stato raro vedere un ballerino in palcoscenico oltre i 40 anni; oggi, così come le Bond Girl sono splendide cinquantenni, radiose e sicure di sé, anche l’età dei danzatori più interessanti si è alzata. Perché se è vero che la tecnica del balletto classico si sta spingendo sempre oltre i limiti fisici, favorendo i ballerini più giovani e vigorosi, è altrettanto vero che pure le esigenze interpretative sono aumentate: ed è qui che le carte dei divi più maturi sono vincenti rispetto a quelle dei colleghi più giovani.

Che la giovinezza possa essere simbolica quanto reale l’ha capito anche il cinema che, da qualche anno a questa parte, sta dedicando alcune delle sue più belle (vedi anche l’ultimo Festival di Cannes) pellicole a personaggi anagraficamente in là con gli anni ma con un serbatoio di vitalità sempre crescente da condividere con il mondo. L’arte è un mondo dove a dispetto (o forse proprio in conseguenza) del passare degli anni l’artista ha sempre preziosi talenti e reminiscenze da condividere. Quartet Gala, i cui protagonisti costituiscono un legame diretto con i pionieri della danza moderna europea, ne è la riprova e vuole anche essere un’esortazione alla nostra società: anziché escludere ed emarginarli, riscopriamo e risvegliamo dei nostri concittadini ‘diversamente giovani’ quella loro ‘memoria’ impagabile, sempreverde e sempre feconda.

Foto Massimo Danza

 

“SO FAR” – COSI’ LONTANO…

La Compagnia di Danza Ballet-ex interpreta la nuova coreografia di Luisa Signorelli.

C’è una zona, misteriosa quanto inafferrabile, dove i sentimenti o le emozioni tra loro opposti sono così vicini che confinano e si sfiorano, prima che l’uno divenga l’altro o viceversa: quella linea sottile che esiste tra l’amore e l’odio, la forza e la fragilità, l’amicizia e la rivalità, la leggerezza e la gravità…

Luisa Signorelli con la sua coreografia “So Far” drammatizza in versi danzanti l’umano sentire, soffermandosi sui limiti delle sue eterne oscillazioni, tra ombra e luce.  Ad una ariosa ed ardita architettura di precisi ed affilati movimenti in elevazione, che i suoi danzatori costruiscono in potenza e bellezza, si contrappongono figure avviluppate, che sapientemente dipingono la fragilità dei corpi nell’abbandono della sconfitta o della paura. Ma anche la solidarietà, il valore assoluto di un abbraccio, la fuga ed il ritorno, la speranza e la disillusione. E poi il delizioso intermezzo sull’amicizia e le sue contraddizioni, un passo a due di una commovente freschezza.

Siamo trasportati in un quadro danzante animato da effetti pittorici e musicali suggestivi, l’umanità vi è raffigurata con delicata poesia, l’interpretazione teatrale dei danzatori, eccezionali per capacità tecniche ed artistiche, coinvolge il pubblico che a volte trattiene il respiro tanto ampio è l’abisso dell’umano mistero sul quale Luisa Signorelli ci porta a volare con la sua opera, ma sempre con la grazia e la generosità che la contraddistinguono, fino a farci intravedere il senso del limite nell’anelito alla libertà, tanto ben raffigurato dall’ immagine femminile protesa verso un vuoto irraggiungibile, e che apre l’intenso passo a due, elemento centrale dell’opera e che difficilmente dimenticheremo.

“So Far” coreografia di Luisa Signorelli. Interpreti: Christian Di Maio, Marcello Letizia, Francesco Marino, Etienne Pezzuto, Carlo Pacienza, Giuseppe Ranieri, Luisa Signorelli.

Prossimo appuntamento il 1° giugno 2015 al Teatro Olimpico di Roma.

Paola Sarto

Foto Massimo Danza