Stella Abrera e Robert Fairchild in “Apollo” – Pas de deux.

In occasione del “Les Étoiles Gala Internazionale di Danza” a cura di Daniele Cipriani, i due ballerini, esibitisi per la prima volta insieme, hanno deliziato il pubblico in una armoniosa coreografia di George Balanchine.

La coppia, Stella Abrera e Robert Fairchild, entrambi provenienti dagli Usa, per la prima volta sul palco insieme in occasione de “Les Étoiles, gala internazionale di danza” a cura di Daniele Cipriani, ha danzato in una rigorosa interpretazione in bianco di un neoclassico, “Apollo”.

Apollo è un balletto suddiviso in due tableaux, composto tra il 1927 e il 1928 da Igor Stravinsky. Fu coreografato nel 1928 dal ventiquattrenne George Balanchine, con il compositore che contribuì al libretto. Le scene e i costumi sono stati disegnati da André Bauchant, con i nuovi costumi di Coco Chanel nel 1929. La scenografia è stata eseguita da Alexander Shervashidze, con costumi sotto la direzione di Mme. A. Youkine. La mecenate americana Elizabeth Sprague Coolidge aveva commissionato il balletto nel 1927 per un festival di musica contemporanea che si sarebbe tenuto l’anno successivo presso la Library of Congress di Washington, DC.

La storia è incentrata su Apollo, il dio greco della musica, che viene visitato da tre Muse: Tersicore, musa della danza e del canto; Polyhymnia, musa del mimo; e Calliope, musa della poesia. Il balletto prende come soggetto l’ antichità classica, sebbene la sua trama suggerisca una situazione contemporanea. Si occupa della reinvenzione della tradizione, poiché la sua ispirazione è barocca, classica o addirittura post-barocca /rococò /galante.

Viene eseguito per orchestra da camera di 34 strumenti ad arco.

Il pas de deux, di Apollo e Tersicore, nello specifico, è stato definito il culmine melodico-lirico del balletto. Lo è sicuramente anche dal punto di vista della coreografia con un avvicinamento progressivo dei due personaggi che, partendo dallo sguardo, man mano che entrano i diversi strumenti, arrivano a tenersi per mano.

Sul ritmo dato dal pizzicato dei violini, si alternano gli arabesque penchée della musa e la camminata alla “Charlot”. Su questo ritmo Tersicore viene fatta scivolare in spaccata a terra, per poi essere risollevata in arabesque.

Sullo stesso ritmo Apollo esegue dei demi-tours con la musa sollevata. Tersicore riempie lo spazio tra la lunga e l’inizio della breve (come fanno i pizzicati dei contrabbassi) con movimenti delle braccia.

Sugli accordi finali vediamo il formarsi dell’ultima figura di questo pas de deux. I due ballerini sono in cambré e Apollo accoglie Tersicore nel suo arco, formando, con lei, un’unica figura.

Stravinsky ha scritto per un insieme omogeneo di strumenti ad arco, sostituendo i contrasti dinamici ai contrasti timbrici impiegati in PulcinellaIl balletto si ispira alla grande tradizione della musica francese del XVII e XVIII secolo, in particolare quella di Lully, fonte a cui Stravinsky tornò quando compose Agon nel 1957.

Il prologo inizia con ritmi puntati nello stile di un’ouverture francese. Il lavoro si basa su una cellula ritmica di base, presentato all’inizio del lavoro, che Stravinsky trasforma per suddivisioni di valori successivi che diventano sempre più complessi. Stravinsky ha rivisto leggermente la partitura nel 1947. Nel 1963, ha voluto apportare ulteriori modifiche.

In accordo con i desideri di Stravinsky, lo stile di danza era essenzialmente classico, e Stravinsky pensava che “Apollon musagète” fosse un balletto bianco, cioè vestito nel tradizionale bianco minimale. Balanchine in seguito ha detto che quando ha ascoltato la musica di Stravinsky, tutto ciò che poteva vedere era un bianco immacolato. La chiarezza, la calma, persino la serenità della musica la fanno sembrare infinitamente lontana dalla vivace eccitazione dei primi balletti di Stravinsky. L’evitamento di qualsiasi conflitto nello scenario, di qualsiasi intento narrativo, psicologico o espressivo, è stato ulteriormente accompagnato dai costumi monocromatici per i ballerini e dall’assenza di elaborate scene sul palco.

Gli scenari e i costumi per la produzione di Balanchine erano dell’artista francese André Bauchant. Coco Chanel fornì nuovi costumi nel 1929. Apollo indossava una toga rielaborata con un taglio diagonale, una cintura e allacciata. Le Muse indossavano un tutù tradizionale . La decorazione era barocca: due grandi gruppi, con alcune rocce e il carro di Apollo. Nella danza riemerse un certo accademismo nello stiramento e nel salto verso l’alto del corpo, ma il Balanchine piegò gli angoli delle braccia e delle mani per definire invece il genere del balletto neoclassico.

Lo scenario prevedeva la nascita di Apollo, le sue interazioni con le tre Muse, Calliope (poesia), Polyhymnia (mimo) e Tersicore (danza e canto) e la sua ascesa come dio al Monte Parnaso.

Per un revival con Mikhail Baryshnikov come Apollo nel 1979, ha anche omesso la prima variazione di Apollo e ha ri-coreografato il finale del balletto. Questa revisione si è conclusa non con l’ascesa di Apollo al Monte Parnaso, ma piuttosto con lo spostamento del tableau “pavone” delle Muse in arabeschi di altezza crescente accanto ad Apollo, che originariamente era avvenuto leggermente prima, fino alla posa finale. Nella messa in scena del 1980 per il New York City Ballet , la prima variazione di Apollo fu restaurata.

Suzanne Farrell ha restaurato la scena della nascita per la sua compagnia nel 2001, così come Arthur Mitchell per la sua performance al Dance Theatre di Harlem al Symphony Space ‘s Wall to Wall Balanchine in concomitanza con il centenario Balanchine del City Ballet e Iain Webb per The Sarasota Ballet ‘s Tribute to Performance di Nureyev nel febbraio 2015 (messa in scena da Sandra Jennings).

Balanchine accorciò il titolo ad Apollo negli anni ’50, cosa che lo stesso Stravinsky preferì. Nonostante il collegamento greco Balanchine-Stravinsky comunemente considerato a causa del successivo lavoro di Balanchine con le partiture di Stravinsky in Orfeo e Agon, la musica per Apollo fu commissionata dalla Biblioteca del Congresso. Orpheus può essere considerato un sequel di Apollo, ma Agon è un balletto formale senza trama il cui titolo in greco evoca una gara.

LF Magazine
Foto: Massimo Danza

Silvia Azzoni e Alexandre Ryabko in “Sonata”.

Dal prestigioso atelier amburghese di John Neumeier sono arrivati Silvia Azzoni e Alexander Ryabko, impegnati in un romanticissimo percorso fra notturni, chiari di luna e sonate.

Sempre nell’ambito di “Duets and Solos” a cura di Daniele Cipriani (Ravenna Festival 2020) si è esibita una coppia d’eccezione: Silvia Azzoni e Alexandre Ryabko.

Tra le più emozionanti e sensibili ballerine del panorama internazionale, considerata da molti la vera erede di Alessandra Ferri per intensità interpretativa, vincitrice del prestigioso Prix Benois (l’Oscar del balletto mondiale) per la sua Sirenetta, Silvia Azzoni, prima ballerina dell’Hamburg Ballett John Neumeier, ha brillato in una serata che ha messo in luce la versatilità, le qualità tecniche e soprattutto la personalità che hanno reso speciale e leggendaria questa “Sonata” di Rachmaninov con la coreografia di Uwe Scholz. Accanto a lei, un fuoriclasse di fama mondiale, Alexandre Riabko, ballerino ucraino, e primo ballerino del Balletto di Amburgo.

Alexandre Riabko è nato a Kiev e si è formato alla Kyiv Ballet School sotto Vladimir Denisenko. Dopo aver raggiunto la finale del Prix ​​de Lausanne, ha proseguito i suoi studi presso la School of the Hamburg Ballet con Anatoli Nisnevich e Kevin Haigen. È entrato a far parte dell’Hamburg Ballet nel 1996 ed è stato promosso a solista nel 1999 e primo ballerino nel 2001. Nel 2016 gli è stato assegnato un Prix ​​Benois de la Danse speciale per l’eccellenza nel partnering.

Riabko è sposato con Silvia Azzoni e sono genitori di una figlia.

La Sonata per violoncello e pianoforte op. 19 di Sergej Rachmaninov si inserisce a pieno titolo tra le partiture fondamentali, per quanto ancora non sia molto eseguita. Siamo di fronte a una composizione dalle enormi proporzioni, sia strutturali (è formata da quattro ampi movimenti) sia tecnico-musicali. È il 1901 e il ventottenne Rachmaninov, dopo importanti problemi di salute, sta lavorando contemporaneamente al Concerto per pianoforte n. 2. Quest’ ultimo lavoro influenza non poco l’opera 19; oltre a risentirne timbri, melodie e armonie, se ne rinviene l’idea strutturale: al pianoforte è chiesto uno sforzo tecnico titanico, quasi fosse una partitura solistica, e al violoncello si richiede un suono e un’idea orchestrale. Una sfida enorme che si evidenzia sin dalle prime battute.

L’ acme della Sonata si palesa nell’Andante del terzo movimento. Mai come in questo tempo i danzatori “dialogano” così tanto, intrecciandosi, passandosi quasi le idee melodiche. E’ il pianoforte a introdurre il tema, con il violoncello a rispondere, per poi volteggiare verso registri estremamente distanti tra di loro. Il carattere è profondamente crepuscolare e lo si ritroverà, con accenti molto simili, nei Preludi pianistici di Rachmaninov.

Da quì si apre una lunga sezione rielaborativa dal piglio appassionato e drammatico. Prima dell’ampia coda finale, c’è tempo per ascoltare tutto il materiale tematico, si susseguono varie sezioni dalle diverse agogiche e si giunge a un Meno mosso, statico, riflessivo, un piccolo respiro prima del Vivace che in un costante crescendo dinamico concluderà il brano affermando la luce dell’intera coreografia.

Uwe Scholz è nato a Jugenheim (ora Seeheim-Jugenheim ) in Assia, in Germania , il 31 Dicembre 1958, e ha studiato musica al Conservatorio Landestheater di Darmstadt. E’ morto il 21 Novembre 2004 a Berlino. Da bambino, è stato ammesso alla John Cranko ‘s Ballet School di Stoccarda, un mese prima della morte dello stesso Cranko, e ha studiato con Marcia Haydée. Scholz ha anche studiato, con borsa di studio, alla Balanchine ‘s School of American Ballet di New York. Si è laureato a Stoccarda nel 1977 ed è entrato a far parte del Balletto di Stoccarda. A 26 anni è diventato direttore dello Zürich Ballet e vi ha diretto per i successivi 6 anni, prima di tornare in Germania per diventare direttore del Leipzig Ballet , dove è stato anche coreografo principale. È rimasto a Lipsia dal 1991 fino alla sua morte. Tra le sue creazioni più famose ci sono la Grande Messa di Mozart, Pax Questuosa di Udo Zimmermann , Symphonie fantastique di Berlioz , The Red and the Black di Stendhal e molto altro. Nel 1993 è stato nominato professore presso l’ Università di musica e teatro di Lipsia. È stato anche membro fondatore della Free Academy of Arts di Lipsia.

LF Magazine

Foto: Massimo Danza

Hugo Marchand in “A Suite of Dances”.

In occasione di “Duets and Solos” a cura di Daniele Cipriani, all’interno del Ravenna Festival 2020, Hugo Marchand, étoile dell’Opéra di Parigi, ha eseguito una coreografia molto impegnativa dal punto di vista fisico.

Hugo Marchand, ha danzato sulle note di A Suites of Dances, un balletto del grande coreografo Jerome Robbins, creato per Mikhail Baryshnikov, in occasione di “Duets and Solos” a cura di Daniele Cipriani. Quattro assoli, bellissimi, legati dalla musica di Bach, superba, in questa occasione, eseguita al violoncello da Mario Brunello.

Una sfida, per il ballerino francese, perché si tratta di una coreografia molto impegnativa fisicamente. Con Mario Brunello, Marchand ha trovato quell’intesa artistica che ha voluto condividere con il pubblico italiano. Felice, commosso, emozionato di ritrovare la scena proprio in Italia, davanti a spettatori che ama, per il calore e la passione che sempre gli manifestano.

Un metro e 92 di altezza – atipica per il balletto – e un fisico scultoreo, protagonista di un videoclip del profumo K by Dolce & Gabbana, Marchand, vive nella propria epoca, evolve con essa e, da ballerino, non resta aggrappato a ciò che la danza è stata in passato.

Danzatore classico e allo stesso tempo contemporaneo, possiede la peculiarità di esprimersi in più stili, e in modi diversi, non solo con la danza, sul palcoscenico dell’Opéra, ma attraverso altre forme artistiche. È anche un modo di mettere in risalto il suo teatro, il sogno di bambino, diventato realtà, portando la sua arte ad un pubblico che non ha l’abitudine o la possibilità di frequentarla in teatro.

Le Suite per violoncello solo di Johann Sebastian Bach sono conosciute per essere fra le più note e le più virtuosistiche opere mai scritte per violoncello, e si ritiene generalmente che sia stato Pau Casals a dare loro fama.

Assistere all’esecuzione delle Suites per violoncello solo di Bach provoca sempre stupore, ammirazione, smarrimento, quasi sgomento: come è possibile concentrare in un solo strumento, che fino a Bach era estraneo al concetto stesso di solismo, una tale qualità e varietà di invenzione, di gioco, di poesia e al tempo stesso di infallibile razionalità?


Riconducibili agli anni di Köthen (1717-1723), quindi al servizio di Bach come Kappelmeister del principe Leopoldi di Anhalt, si ritiene che siano state composte per uno degli ottimi strumentisti di quella cappella di corte, il violoncellista (o violista da gamba) Christian Bernhard Linigke.
Ciò che accomuna le sei Suites, orientate all’organizzazione di movimenti di danza propri della suite per strumenti a tastiera, è l’aggiunta ai quattro tempi fondamentali di rito (Allemanda, Corrente, Sarabanda e Giga) di un esteso e caratterizzante, quindi ogni volta diverso nello stile, Preludio all’inizio e di una coppia di danze (rispettivamente, in quest’ordine, Minuetto I e II nella prima e seconda Suite, Bourrée I e II nella terza e quarta, Gavotta I e II nella quinta e sesta: sempre con da capo, ossia con ripetizione della prima) tra la Sarabanda e la Giga. Risultato: una costruzione in due grandi sezioni, tra loro speculari, di tre pezzi ciascuna, con al centro il tempo lento della Sarabanda, momento di massima concentrazione espressiva della Suite.

Oggi le suites costituiscono una delle più grandi opere per violoncello e, dopo il recupero da parte di Casals, quasi ogni violoncellista aspira a suonarle nel miglior modo possibile, notissimi violoncellisti come Mstislav Rostropovich, Emanuel Feuermann, Pierre Fournier, Jacqueline du Pré, Paul Tortelier, André Navarra, Yo-Yo Ma, Gregor Piatigorsky, Mischa Maisky, János Starker, Anner Bijlsma, Heinrich Schiff, Pieter Wispelwey e Mario Brunello ne hanno registrato esecuzioni. Yo-Yo Ma vinse il Best Instrumental Soloist Grammy Award nel 1985 per il suo album “Six Unaccompanied Cello Suites” mentre Mischa Maisky ha venduto più di 300.000 copie della sua registrazione delle suites, molto al di sopra delle vendite medie della musica classica. Celeberrima fu l’esecuzione improvvisata durante la caduta del Muro di Berlino di Mstislav Rostropovich che fece il giro del mondo di tutte le televisioni. Non mancano nemmeno esecuzioni in luoghi suggestivi come l’esecuzione delle suites fatta da Mario Brunello sul Monte Fuji nel 2007, per – secondo Brunello – avvicinarsi di più all’assoluto e alla perfezione. Parti delle suites inoltre furono suonate da Yo-Yo Ma per il funerale del senatore statunitense Edward Kennedy e nel Settembre 2002 durante l’anniversario degli attentati dell’11 Settembre 2001.


Passione per la carriera artistica e sobrietà nella vita privata: Hugo Marchand porta con stile (squisitamente francese) il titolo di étoile dell’Opéra di Parigi. Per la danza è amore folgorante, sin da bambino, a Nantes: le prime lezioni a 9 anni, l’ammissione all’École dell’Opéra di Parigi a 13, a 17 l’ingresso in compagnia, a 23 la nomina a étoile. Il mondo là fuori, per l’élite del balletto protetta dalla dorata maison, è tutto da scoprire e il giovane Hugo lo esplora con curiosità, vivace ma sempre discreta. Oggi, a 26 anni, affronta con potenza gentile la carriera di ballerino fuoriclasse e la vita di giovane uomo. Anche di questi tempi, complessi e difficili per l’umanità, tanto più imprevedibili per gli artisti del balletto. Dopo una pausa forzata di oltre quattro mesi, il ballerino ha raccontato la felicità di tornare in scena, dal vivo, nello spettacolo Duets and Solos a cura di Daniele Cipriani, al Ravenna Festival.

(performed by permissions of The Robbins Trust)
LF Magazine
Foto: Massimo Danza

Matteo Miccini in “SSSS” di Edward Clug.

Nell’ambito del “Duets and Solos” a cura di Daniele Cipriani, durante il Ravenna Festival 2020, è andato in scena questo assolo molto avvolgente, un autentico piccolo gioiello coreografico.

L’assolo “SSSS” eseguito da Matteo Miccini – tra i vari riconoscimenti ricevuti il Premio Danza&Danza 2019 come migliore interprete italiano all’estero – è un estratto della coreografia del rumeno Edward Clug Body Language creato per 6 danzatori, sulle note del Notturno op. 9 n. 1 di Chopin: una danza piena di tensione, libera e scattante, un piccolo gioiello coreografico reso luminoso dal danzatore fiorentino appena promosso demi-solista dello Stuttgart Ballet.

Matteo Miccini, nato a Firenze, ha ricevuto la sua formazione iniziale di balletto presso il Ballet Center di Firenze. Nel 2010 ha proseguito la sua formazione presso la John Cranko Schule, dalla quale si è diplomato nel 2015. Durante la sua formazione ha vinto premi in diversi concorsi come il Premio Internazionale Cartagine 2010, il primo premio al Concorso Anna Pavlova, il primo premio al Eurocity e il secondo premio alla Tanzolymp di Berlino.

Nell’Ottobre 2018 Matteo Miccini è stato insignito del “Premio danza per la vita” durante il gala benefico della Fondazione ANT a Firenze. Nella categoria “Miglior ballerino italiano all’estero” ha vinto il premio “Premio Internazionale ApuliArte 2019” (Marzo 2019) e il “Premio MADSS” a Salerno (Novembre 2019). Nel Gennaio 2020 ha vinto il “Premio Danza & Danza” come “miglior interprete italiano all’estero”. Nell’Ottobre 2020 ha vinto il premio per “Emerging Italian Dancer on the International Dance Scene” al “Premio nazionale per la danza” di Padova, Italia. Nella Critics’ Choice 2020 della rivista Dance Europe è stato nominato nella categoria “Name to watch”.

Nella stagione 2015/16 è diventato apprendista con lo Stuttgart Ballet; una stagione dopo è stato preso nel Corpo di ballo. All’inizio della stagione 2020/21 è stato promosso a Demi Solista.

Edward Clug (nato nel 1973 a Beiuș, Romania ) è un coreografo di fama internazionale nel campo del balletto contemporaneo e direttore del Maribor Ballet. Clug ha studiato danza classica a Cluj-Napoca.

Nel 1991 Clug è entrato a far parte del Teatro Nazionale Sloveno di Maribor (SNT) come primo ballerino mentre si esibiva anche con il Zagreb Ballet come artista ospite.Nel 1996, il Teatro Nazionale Sloveno commissionò a Clug la coreografia del suo primo balletto intitolato Babylon di Tomas Pandur. Il primo balletto serale di Clug, chiamato Tango, ha debuttato al SNT nel 1998.Continuando il suo rapporto con il Teatro Nazionale Sloveno, nel 2003 viene nominato direttore del balletto di Maribor, guidando la compagnia verso nuove e distintive direzioni. Durante l’ultimo decennio, Clug ha attirato su di sé l’attenzione del pubblico internazionale, a causa del suo stile coreografico specifico. È ugualmente riuscito a portare il Maribor Ballet ensemble sulla mappa della danza internazionale. Il Balletto del SNG Maribor ha partecipato ai più grandi festival teatrali del mondo eseguendo le sue coreografie. La sua Radio & Juliet, coreografato nel 2005 a Maribor, divenne un successo internazionale e fece tournée internazionali: Jacob’s Pillow Dance Festival (USA), The Stars of the with nights festival in Mariinski theatre St.Petersburg, Festival of Firsts a Pittsburgh, Arts Festival a Singapore, Biarritz Festival in Francia, Dance Festival a Tel Aviv, Sintra Festival in Portogallo, Festival Des Arts de Saint-Sauveur (Canada), e al Seoul International Dance Festival (Corea), al Teatro Piccolo di Milano e in tournée nei Paesi Bassi, Belgio, Italia e i paesi dell’ex Jugoslavia.Nel 2006 ha creato Architecture of Silence, in collaborazione con i Teatri Nazionali Sloveni di Maribor e Lubiana, con due cori e due orchestre. La performance ha aperto il Singapore Arts Festival (2008). Nel 2008 inizia a collaborare con il compositore sloveno Milko Lazar con il quale crea Pret-a-porter al SNG Maribor (2008), 4 Reasons for the National Ballet of Portugal (2009) e Pocket Concerto for Stuttgart Ballet (2009). Dopo il successo di Pocket Concerto continua a collaborare con lo Stuttgart Ballet per il quale crea “Ssss …” (2012) e insieme a Lazar “No Men´s Land” (2014). Entrambi i pezzi hanno ricevuto una grande risposta dalla critica e dal pubblico.

Dopo lo Stuttgart Ballet, Edward Clug continua a lavorare con altre importanti compagnie. Per lo Zurich Ballet ha creato l’acclamato Hill Harper’s Dream (2013) e il Royal Ballet of Flanders gli ha commissionato di mettere in scena “Les Noces” di Stravinsky (2013). La sua ultima creazione per il Maribor Ballet è Rite of Spring di Stravinsky. Maggie Foyer descrive il suo lavoro sulla rivista Dance Europe: “Edward Clug, direttore del Maribor Ballet, ha raggiunto il quasi impossibile: una nuova e significativa interpretazione de Le Sacre du Printemps di Stravinsky”.

I suoi lavori vengono eseguiti in tutto il mondo e sono stati commissionati da molti teatri di balletto: West Australian Ballet, Romanian National Ballet a Bucarest, Station Zuid nei Paesi Bassi, Bitef Dance Company a Belgrado, Aalto Ballet a Essen, Ukrainian National Ballet a Kiev, Ballet Graz,Balletto nazionale croato a Zagabria e Rijeka e Ballet Augsburg. Nuovi lavori sono in arrivo per Zurich Ballet e NDT2 nel 2015.

Edward Clug ha anche collaborato con registi teatrali. Oltre a Tomaž Pandur con cui ha iniziato la sua carriera coreografica, ha lavorato anche con Haris Pašović, il fondatore della Compagnia teatrale East West. Insieme hanno creato due pezzi: Europe Today Roses per Anne Teresa / Football Stories In Europe Today è stato sia coreografo che performer, mentre in Roses per Anne Teresa / Football Stories è stato coreografo e coautore.

LF Magazine

Foto: Massimo Danza

Iana Salenko in una magistrale interpretazione della “Morte del cigno”.

“La morte del Cigno” divenuto l’emblema del nuovo balletto russo, è una combinazione di tecnica ed espressività che coinvolge tutto il corpo, non solo gli arti, un esempio di come la danza possa soddisfare non solo l’aspetto visivo, ma penetrare anche nell’anima, generando emozioni e immaginazione.

“Impara a danzare altrimenti gli angeli del cielo non sapranno che farsene di te” si è aperta ed è terminata con la citazione di Sant’Agostino, proiettata su un grande schermo e ripresa dal sociologo Domenico De Masi, la serata Duets and Solos, a cura di Daniele Cipriani nell’ambito del Ravenna Festival 2020, dove il pubblico, contro ogni previsione, è accorso numeroso, ad assaporare la bellezza di una ripartenza all’insegna dell’eccellenza.

La magia è iniziata sulle note di “Aria” dalle Variazioni Goldberg BWV 988 suonata da un’altra eccellenza italiana, la pianista Beatrice Rana, alla quale si è affiancato il violoncello di un altro “grande” nome della musica, Mario Brunello: entrambi hanno suonato “Le Cygne” da “Le carneval des animaux” di Camille Saint-Saëns mentre l’ucraina Iana Salenko (Opera di Berlino) si è esibita in una commovente e palpitante Morte del cigno di Michel Fokine, uno dei brani del repertorio classico più conosciuti al mondo e danzato dalle più grandi ballerine.

“The Dying Swan” o “La Morte del Cigno” è un breve ma intenso balletto in cui la danzatrice interpreta un cigno morente. Il titolo originario del balletto era Il Cigno ma in seguito, grazie alla intensa e drammatica interpretazione di Anna Pavlova, fu chiamato La morte del cigno. Tra il cigno morente e la Pavlova si stabilì una vera e propria identificazione: nel parco della sua villa di Londra la danzatrice teneva infatti un cigno cui era particolarmente affezionata e del quale studiava attentamente tutte le movenze per poterle riprodurre al meglio sulla scena. Si racconta addirittura che la Pavlova, sul suo letto di morte a L’Aja, gridò: “Datemi il mio costume di cigno!“.

Ogni ballerina che lo interpreta, indossa un tutù bianco con piume applicate e di solito anche la sua testa è cinta da piume. Fondamentale è il movimento delle gambe basato sul “pas de bourèe suivi” e naturalmente le movenze delle braccia che ricordano il batter d’ali di un cigno. Tutte le più grandi ballerine hanno danzato almeno una volta questa celebre performance che continua ad essere interpretata tutt’oggi nei più grandi teatri del mondo. Una delle interpretazioni rimaste nella storia è quella di Maya Plisetskaya mentre nei tempi recenti si sono distinte le russe Svetlana Zakharova e Ulyana Lopatkina come “cigni per antonomasia”.

La coreografia è del grande

e la struggente musica è di Camille Saint-Saëns tratta dal “Carnevale degli Animali”. Nonostante la performance abbia uno schema determinato, è spesso soggetta a lievi modifiche, sfumature diverse, passi aggiuntivi che concorrono a delineare l’interpretazione di ogni ballerina.

Guardare “The Dying Swan” dona grandi emozioni a partire dall’entrata della ballerina-cigno con piccoli passi in punta di piedi agitando moderatamente le braccia, si continua con morbidi movimenti delle braccia, della testa, attitudes, pose a terra con cui, rialzandosi a fatica, si esprime tutta la sofferenza di un essere che sta per esalare l’ultimo respiro. Seguono movimenti incerti come piccoli arabesque appena accennati ed inclinazioni del corpo. Il brano termina con una lenta discesa a terra fino al momento in cui il cigno si piega su se stesso.

Veder danzare Iana Salenko ne “La Morte del Cigno”, è stato molto emozionante! Un pezzo difficile per tecnica e, soprattutto, per interpretazione.

LF Magazine
Foto: Massimo Danza

Iana Salenko e Marian Walter in “Thaïs”, coreografia di Roland Petit.

In occasione del recente “duets and solos” all’interno del Ravenna festival, organizzato da Daniele Cipriani, la grazia di Iana Salenko e la forza di Marian Walter, unite all’eleganza di entrambi, hanno reso questo rinomato pas de deux caldo e struggente.

Come aggirare lo scoglio del distanziamento in scena? Per la danza, basata sul contatto fisico, sulle prese e le interazioni tra i performer è particolarmente difficile, quasi impossibile. Ma Daniele Cipriani, per l’unico appuntamento coreutico di Ravenna Festival, ha trovato una soluzione tanto semplice quanto geniale: Duets and Solos, messo in scena alla Rocca Brancaleone, che comprendeva assoli e pas de deux firmati da importanti coreografi internazionali e affidati a tre solisti di rilievo e a coppie di danzatori che convivono anche nella vita.

«Fortunatamente – ha spiegato Cipriani – nel mondo della danza ci sono molti ballerini che fanno coppia, e tra loro anche diverse étoiles, come le coppie che hanno danzato a Ravenna: Iana Salenko e Marian Walter dell’Opera di Berlino, che quindi hanno potuto tranquillamente toccarsi, abbracciarsi e stringersi senza contravvenire ad alcuna regola».

E poi… si dice che la danza sia un linguaggio eterno e universale. Quando a scriverne le parole è uno dei più grandi coreografi della storia, Roland Petit, e a pronunciarle sono le étoile dei più grandi teatri d’Europa, il suono che si crea non può che essere emozionante e indimenticabile. Lo si ricorda come un grande innovatore che, seguendo la lezione di Diaghilev, trasformò le sue creazioni coreutiche in esempi di teatro totale con esiti molto felici grazie a un costante rinnovamento del proprio linguaggio espressivo ma anche alla preziosa e stretta collaborazione con i massimi pittori, letterati, musicisti e altre personalità del momento. Autore di più di 50 creazioni che spaziano in tutti i generi, ideò coreografie per un universo di danzatori internazionali. Rifiutando gli effetti tecnici gratuiti, non smise di rinnovare il suo stile e il suo linguaggio, diventando maestro nell’arte del pas de deux del balletto narrativo, ma riuscendo anche nel campo astratto. Alle creazioni di Petit lavorarono stilisti del calibro di Yves Saint-Laurent e Christian Dior per disegnare i costumi, pittori quali Max Ernst, Christian Bérard, Antoni Clavé per le scene, poeti e drammaturghi quali Jean Cocteau e Jacques Prévert per i soggetti. Nel corso della sua lunga carriera Petit ha avviato inoltre collaborazioni durature e fruttuose con i più grandi ballerini del Novecento: Margot Fonteyn, Rudolf Nureyev, Carla Fracci, Luciana Savignano, Michail Barysnikov, Partick Dupont, Elisabetta Terabust (prima danzatrice italiana a lavorare con lui), Denys Ganio, Massimo Murru e Lucia Lacarra solo per citare i principali.

“Thaïs”, che si esplica, appunto, attraverso la coreografia di Roland Petit, tratta di un passo a due estratto da Ma Pavlova (La mia Pavlova), uno spettacolo coreografico dedicato ad Anna Pavlova e pieno di citazioni, ammiccamenti, riferimenti ironici in cui Petit guardava all’epoca della Pavlova e al suo stile.

Il passo a due Thaïs rappresenta quindi l’esaltazione e l’idealizzazione del passo a due nello stile Pavlova, così ispirato e ridondante. La poesia e liricitá di questo pas de deux, come solo Roland Petit era in grado di fare, sono esaltate dalle note di Massenet. La grazia di Iana Salenko e la forza di Marian Walter, unite all’eleganza di entrambi, senza mai essere fredde ed inaccessibili, hanno reso il tutto caldo e struggente.

Iana Salenko, classe ’83, è la ballerina principale dello Staatsballet Berlin nonché periodica ospite d’onore del Royal Ballet di Londra e compagna di vita di Marian Walter.

LF Magazine

Foto: Massimo Danza

 

Grande successo al Festival di Spoleto per “Le Creature di Prometeo/Le Creature di Capucci”.

Venti minuti di applausi in Piazza Duomo a Spoleto, per la prima mondiale dello spettacolo.

Applausi calorosi in Piazza Duomo a Spoleto, per la prima mondiale de Le Creature di Prometeo/Le Creature di Capucci, cooproduzione tra Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova e Festival dei 2Mondi, curata sapientemente da Daniele Cipriani e con la musica di Beethoven, eseguita dallOrchestra del Teatro Carlo Felice, diretta dalla bacchetta del giovane ed apprezzato Andrea Battistoni che ha saputo interpretare tutte le nuances dellunica partitura che il compositore tedesco scrisse per il balletto e la cui rarità di esecuzione omaggia il 250° anniversario della sua nascita.

Le proiezioni oniriche sulla facciata del Teatro Caio Melisso hanno esaltato i movimenti coreografici di Simona Bucci e la carica espressiva dei ballerini che li hanno eseguiti. Ma le ovazioni del pubblico si sono amplificate per il genio dello stilista-artista Roberto Capucci che, presente in platea, ha raccolto il riconoscimento estatico per i 15 costumi disegnati, le sue creature appunto, visioni di fantasie colorate realizzate dal team sartoriale guidato da Anna Biagiotti.

In platea molte personalità note, anche del mondo dello spettacolo, e molti gli entusiastici commenti raccolti.

Creatività e bellezza, tante emozioni che ci ha dato il Maestro Roberto Capucci. Grande, Grande Capucci, ha esclamato a caldo Vittoria Cappelli.

Una festa della bellezza in una cornice sublime. Godimento estetico e musicale. è stato il commento di Simona Marchini.

Uno spettacolo emozionante e inaspettato. Capucci è un genio, un artista unico al mondo! le ha fatto eco Sandra Carraro.

Sul versante danza, Vladimir Derevianko, già primo ballerino del Bolshoi di Mosca si è dilungato di più, com’è nel suo stile riflessivo, ed ha detto: “È stato uno spettacolo veramente originale che ha il grande pregio di aver dato vita alle creazioni di Roberto Capucci. Daniele Cipriani ha avuto il merito di mettere insieme, soprattutto in un momento così difficile per larte ed il teatro in generale, una serata dove musica, danza e immagini si sposano perfettamente con la raffinata fantasia dei costumi del grande Capucci e la musica del genio musicale Beethoven. Magistrale la direzione dellOrchestra del Carlo Felice.

Poetico invece il commento del coreografo Micha van HoeckeDalla musica di Beethoven nasce il defilé fantasmagorico vestito dal grande mago Roberto Capucci. Colori straordinari si sono mescolati in una regia piena di sorprese. Queste creature danzanti in quella cornice di Piazza del Duomo mi hanno incantato.

Ha riassunto il pensiero di tutti il Sovrintendente Claudio Orazi del Teatro Carlo Felice di Genova che ha reso possibile la realizzazione di questo progetto ambizioso. Rivolgo il più vivo ringraziamento al Festival dei 2Mondi di Spoleto nella persona di Giorgio Ferrara e a Daniele Cipriani che ne ha curato la realizzazione ed il coordinamento artistico. Orgoglioso dell’ Orchestra del Teatro Carlo Felice e parimenti di tutto il personale artistico, tecnico ed amministrativo coinvolto. Le Creature di Prometeo/Le Creature di Capucci è stato uno spettacolo concepito per palcoscenici come quello di Nervi, dove ha debuttato in anteprima nazionale, e di Spoleto, non a caso il più blasonato festival internazionale, capaci di portare il mondo nella creatività italiana. Formulo lauspicio che questa produzione, dai  luoghi di interesse storico-artistico e ambientale italiani, possa essere rappresentata nel futuro, in tournée nazionali ed internazionali.

Danzatori: Hal Yamanouchi, Fabio Bacaloni, Davide Bastioni, Filippo Pieroni, Nico Gattullo, Marco Lo Presti, Roberto Lori, Luca Campanella, Giampiero Giarri, Raffaele Iorio, Antonio Cardelli, Flavio Marullo, Riccardo Battaglia, Damiano Ottavio Bigi, Luca Giaccio.

LF Magazine

Ufficio Stampa: Simonetta Allder

Foto: Massimo Danza

Sergio Bernal in “The Swan”, coreografia di Ricardo Cue.

La danza è tornata a vivere alla grande, anche se solo in una notte, con sette stelle del balletto e due superbi musicisti, Mario Brunello al violoncello e Beatrice Rana al pianoforte che hanno accompagnato dal vivo i danzatori in “Duets and solos”, uno spettacolo speciale, intimo, di grande levatura curato da Daniele Cipriani.

“Lavorare con chi danza è come suonare musica da camera” ha rivelato il violoncellista Mario Brunello, che con la pianista Beatrice Rana ha partecipato a Duets and solos, spettacolo ideato da Daniele Cipriani con la consulenza musicale di Gastón Fournier Facio, andato in scena il 18 Luglio nel corso del Ravenna Festival, alla Rocca Brancaleone della città romagnola.

Il carattere speciale della serata di Ravenna dipendeva da almeno tre fattori: prima di tutto il ritorno della danza in palcoscenico dopo i mesi di chiusura; poi la presenza di Rana e Brunello, invece che di un’orchestra o di un supporto registrato, a fornire la base musicale per i numeri di danza; infine, l’idea brillante di coinvolgere étoiles che sono in coppia anche nella vita, come Silvia Azzoni e Alexander Ryabko dell’Hamburg Ballet e Iana Salenko e Marian Walter, che fanno parte del corpo di ballo dell’Opera di Berlino. Si è così aggirato il divieto di contatto in scena e nei duetti i ballerini sono stati liberi di toccarsi e di abbracciarsi.

A completare il gruppo di stelle della danza, Hugo Marchand dell’Opéra de Paris, Sergio Bernal Alonso, già del Ballet Nacional de España, e Matteo Miccini dello Stuttgart Ballet. Di carattere e stile diverso le coreografie, realizzate tra gli altri da John Neumeier, Uwe Scholz, Michel Fokine, Jerome Robbins, Roland Petit e dallo stesso Bernal.

Per tornare al paragone con la musica da camera, Brunello ci ha spiegato come per conciliare le esigenze di danzatori e musicisti si debbano trovare volta a volta soluzioni che permettano libertà di espressione a tutti. “Proprio come succede quando si suona in trio o in quartetto e non ci si conosce: non è che uno può dire “questo è il mio tempo e voi dovete seguirlo”. Ci si mette d’accordo. È chiaro comunque che i danzatori sono abituati a provare su musica registrata, con ripetizioni sempre uguali, mentre quando si suona dal vivo, anche in prova, qualche cosa cambia sempre. Questo richiede da parte loro uno sforzo di adattamento” ha aggiunto il violoncellista.

L’intelligente adattamento reciproco, ma anche l’evidente piacere di lavorare insieme, hanno sortito un felicissimo risultato nello spettacolo in cui si susseguivano numerosi brani, alcuni danzati e altri solo strumentali, incorniciati da una Morte del cigno all’inizio e una alla fine; entrambe si basavano sul “Cygne” di Saint-Saëns dal Carnaval des animaux, ma la prima, con la coreografia storica di Michel Fokine, era al femminile, interpretata da Iana Salenko; la seconda, (coreografia di Ricardo Cue) contemporanea, di cui riportiamo l’ampio reportage fotografico di Massimo Danza, al maschile, con Sergio Bernal.

“The swan” da “Le Carnaval des Animaux“, è una delle più famose opere del compositore francese Camille Saint-Saëns, composto nel 1886, appositamente per Anna Pavlova e messo in scena per la prima volta nel 1905 a San Pietroburgo. Da allora il balletto ha influenzato le moderne interpretazioni di Odette ne “Il lago dei cigni” di Čajkovskij e ha ispirato varie interpretazioni, anche non fedeli alla trama originale, come variazioni del finale trasformato da lieto in tragico.

Per volere del compositore, l’opera doveva essere eseguita pubblicamente solo dopo la sua morte. La sua prima fu, quindi, il 26 Febbraio 1922, trentasei anni dopo la sua composizione e un anno dopo la morte dell’autore.

Il carnevale degli animali divenne la musica più caratteristica di Saint-Saëns per i suoi toni umoristici e canzonatori.

I 14 brani, tutti molto brevi, si riferiscono ciascuno a un animale. Non mancano riferimenti dichiaratamente satirici e umoristici. La comicità del brano è data anche dalle citazioni esplicite di brani o motivi conosciuti.

Ricardo Cue

Direttore di danza, ballerino, coreografo, allenatore e impresario. Ha studiato a L’Avana, Madrid e New York, dove ha vissuto per quindici anni e ha studiato danza e storia della danza con Doris Hering all’Università di New York. Lì ha lavorato con Balanchine, Tudor, Graham e Ailey.

A Madrid, nel 1982, si unì al team di regia del Balletto Nacional de Espana, Classica e Flamenco e presentò questa compagnia al NY MET con Medea. Ha introdotto in Spagna le opere di Balanchine, Tudor e Tetley nel repertorio.

Nel 1986 è diventato consigliere del Ministero della Cultura della Spagna. Come impresario privato ha presentato in Spagna le principali compagnie di danza del mondo. Ha diretto e messo in scena spettacoli di gala in Spagna, Francia e Russia con Plisetskaya, Guillem, Schauffuss, Gregory, Bujones, Mukhamedov, Dupond, Alexandrova, Acosta, Somova, Osipova, Shklyarov, Obraztsova, I. Vasiliev, Kovaleva, ecc.,

Nel 1992 fonda la sua compagnia di flamenco “Les Geants du Flamenco”, al teatro Champs Elysees di Parigi, creando e dirigendo “Cibayi” con Lola Greco, Joaquin Cortes e Adrian e gira il mondo.
Scopre, allena e dirige i migliori e migliori ballerini di musica classica e flamenco spagnola come Trinidad Sevillano, Aranxta Arguelles, Joaquin Cortes, Igor Yebra, Angel Corella, Tamara Rojo e Sergio Bernal. Lavora ed è manager di Maya Plisetskaya.

LF Magazine

Foto: Massimo Danza

“Duets and Solos”: Mario Brunello e Beatrice Rana con le stelle della danza.

 

La linfa vitale ha ripreso a scorrere e a rianimare la scena italiana, ma vigono severe regole di distanziamento sociale; si riparte, quindi, con due grandi musicisti, la pianista Beatrice Rana e il violoncellista Mario Brunello, con étoiles della danza che hanno eseguito un programma di coppie ed assoli.

Si esce dalle giornate buie dell’emergenza a riascoltare virtuosi della musica e a rivedere étoile del balletto con una speciale serata di musica e danza intitolata, con semplicità, “Duets and Solos”, a cura di Daniele Cipriani, con la consulenza musicale di Gastón Fournier-Facio.

Il debutto c’è stato il 17 Luglio scorso a Nervi con un secondo spettacolo il 18 Luglio alle ore 21.30 a Ravenna, alla Rocca Brancaleone, nell’ambito del Ravenna Festival in collaborazione con Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova- Festival del Balletto di Nervi.

Nelle foto di Massimo Danza rivediamo Silvia Azzoni e Alexandre Ryabko esibitisi in “Nocturnes” con la coreografia di John Neumeier accompagnati al pianoforte da Beatrice Rana con le musiche di Fryderyk Chopin, il Notturno in do minore KK IVb/8 per pianoforte ed il Notturno op. 48 n. 1 in do minore per pianoforte.

La linfa vitale riprende a scorrere e a rianimare la scena italiana, ma vigono severe regole di distanziamento sociale; si riparte, quindi, con due grandi musicisti, la pianista Beatrice Rana e il violoncellista Mario Brunello, con étoiles della danza che hanno eseguito un programma di coppie ed assoli: il francese Hugo Marchand dell’Opéra di Parigi, l’italiano Matteo Miccini del Balletto di Stoccarda e lo spagnolo Sergio Bernal, già del Ballet Nacional de España. Ma ci sono stati anche degli straordinari passi a due, con quelle armoniose intrecciature, non certo socialmente distanziate, che i passi a due nel balletto classico spesso richiedono, con i partner avvinghiati, attorcigliati tra di loro. Ma niente paura, è tutto assolutamente regolare poiché sono stati presentati da due coppie di étoiles che sono coppie anche nella vita.

A Daniele Cipriani, ideatore e curatore dello spettacolo, lo spunto venne guardando le cosiddette ‘coppie stabili’ che cenavano tranquillamente al ristorante senza alcun pannello divisorio: “Fortunatamente, nel mondo della danza, ci sono molti ballerini che fanno coppia, e tra loro anche diverse étoiles, come le coppie che hanno danzato a Ravenna: Silvia Azzoni/Alexander Ryabko (HamburgBallet, italiana lei, ucraino lui) e Iana Salenko/Marian Walter (Opera di Berlino, ucraina lei, tedesco lui), che quindi possono tranquillamente toccarsi, abbracciarsi e stringersi senza contravvenire ad alcuna regola.”

Si dà il caso, inoltre, che diverse note coreografie, assoli e passi a due, furono create su pagine musicali per pianoforte e/o violoncello, che sono state, quindi, eseguite dal vivo da Brunello e dalla Rana; ed ecco che è stato possibile mettere insieme un interessante programma su celebri brani di grandi compositori, in cui due arti sorelle, quelle di Euterpe e di Tersicore, si intessono, ognuna mantenendo la propria cifra, ma formando un’unica stoffa. Grazie alla magia che solo l’arte sa regalare, si può parlare eccezionalmente di “passi di musica, note di danza”.

Tra i coreografi spiccano i nomi di Fokine, ma anche di celebri autori del ‘900 o contemporanei. Tra le curiosità, una moderna “Morte del Cigno” al maschile (coreografia di Ricardo Cue) interpretata da Sergio Bernal, che il pubblico ha apprezzato accanto alla tradizionale “Morte del Cigno” di Fokine interpretata da Iana Salenko (musica di Saint-Saëns). Bernal non ha mancato, comunque, anche di regalarci uno di quei suoi roventi brani iberici che mandano il pubblico in visibilio.

Hugo Marchand è stato l’interprete di “Suite of Dances” di Robbins (musiche di Bach), balletto originariamente creato per Mikhail Baryshnikov, mentre Matteo Miccini ha interpretato un assolo da SSSS di Clug (musica di Chopin).

Una coppia al maschile (di cui fa parte Bernal) ha interpretato Folia de Caballeros, originale passo a due maschile (musica di Corelli, coreografia di Bernal/De Luz) in cui i due “caballeros” danzano a distanza senza toccarsi mai.

Per i passi a due “in famiglia” il pubblico ha ammirato Thaïs di Roland Petit (musica di Massenet) interpretato da Salenko/Walter mentre la coppia Azzoni/Ryabko è stata interprete di Nocturnes di Neumeier, qui nelle foto di Massimo Danza (musica di Chopin), e di Sonate di Scholz (Rachmaninoff).

Non sono mancati momenti di sola musica, con la Quadrille per violoncello e pianoforte (dal secondo atto dell’opera Not Love Alone) di Rodion Scedrin, interpretati da Mario Brunello e BeatriceRana, la quale ha pure interpretato Aria (dalle Variazioni Goldberg ) di Bach e La Valse di Ravel.

Due serate dove, malgrado il distanziamento ancora richiesto in questo momento, si è stati insieme: arti diverse, artisti diversi, pubblico in sala.

“Duets ando Solos” ha espresso la felicità di una scena, fino a poco fa dormiente, come la Principessa Aurora, nella fiaba della Bella Addormentata e nel balletto omonimo che tutti conosciamo, la quale, spezzato il sortilegio, si risveglia da un lungo sonno in una magica notte di mezz’estate.

Grazie a Simonetta Allder, responsabile Ufficio Stampa di Daniele Cipriani.

LF Magazine

Foto: Massimo Danza

 

Yanela Piñera e Luis Valle in “Spring waters”.

Yanela Piñera e Luis Valle hanno eseguito, in occasione de “Les Étoiles, gala internazionale di danza” a cura di Daniele Cipriani,  il balletto “Spring Waters” in maniera molto emozionante, con la coreografia di Asaf Messerer e la musica di Sergei Rachmaninoff.

Rachmaninoff nacque in una famiglia della nobiltà russa. Il nome della famiglia risale al 1400 quando Yelena, figlia di Stefano IV di Moldavia, sposò il figlio maggiore di Ivan III VasilyevichGran Principe di Mosca. Un figlio di nome Vasily venne soprannominato “Rachmanin”, che, nell’antico russo, significa “pigro”.

La famiglia di Rachmaninoff aveva forti inclinazioni musicali e militari. Suo nonno paterno, Arkady Alexandrovich, era un musicista che aveva preso lezioni dal compositore irlandese John FieldSuo padre, Vasily Arkadyevich Rachmaninoff (1841-1916), era un ufficiale dell’esercito e pianista dilettante che sposò Lyubov Petrovna Butakova (1853-1929), figlia di un ricco generale dell’esercito. La coppia ebbe tre figli e tre figlie, Sergei era il loro quarto figlio.

Cresciuto a Oneg fino a nove anni, Rachmaninoff iniziò le lezioni di piano e musica organizzate da sua madre all’età di quattro anni. La madre di Rachmaninoff notò subito la sua capacità di riprodurre passaggi a memoria senza sbagliare neppure una nota. Così, dopo aver appreso la notizia del talento del ragazzo, Arkady suggerì di assumere Anna Ornatskaya, insegnante e neolaureata al Conservatorio di San Pietroburgo, per vivere con la famiglia ed iniziare l’insegnamento formale. Rachmaninoff dedicò proprio la sua composizione per pianoforte, “Spring Waters” op. 14, a Ornatskaya.

LF Magazine

Foto: Massimo Danza