“CONFINI”: DANZA E ANTHROPOS

La compagnia Ballet-ex è in scena con la nuova coreografia di Luisa Signorelli

“Confini” è il titolo della nuova coreografia di Luisa Signorelli interpretata dalla compagnia Ballet-ex, in scena con successo di pubblico dalla fine di novembre ed in programmazione per il 2018 con altre cinque repliche.

Abbiamo assistito agli spettacoli di novembre e dicembre al teatro Orione di Roma, e siamo rimasti incantati dall’originalità e dalla bellezza di questa elegante opera di danza, le cui radici classiche fioriscono in una contemporaneità ricca di contaminazioni.

Levatura e profondità contraddistinguono il pensiero coreografico di “Confini”, che attinge ad un immaginario collettivo elaborandone creativamente i miti ed i simboli costituenti la base di ciò che siamo oggi e proiettandone l’evoluzione come solo l’Arte può, e dovrebbe fare.

Lo spettacolo inizia in maniera fantastica: il prologo anticipa la dimensione cosmologica dell’opera, ed affascina per l’atmosfera primordiale, capace di risvegliare archetipi primigeni e temi universali, vivificati dall’immagine simbolica che ricorda la nebulosa di un’alba originaria proiettata sullo sfondo con l’accompagnamento di un canto rituale.

Un’anima discende da altezze cosmiche nell’uomo risvegliandone la vita che affonda sempre più giù nelle profondità della terra, si formano comunità, e confini appunto, che marcano territori e limitano spazi non solo esteriori. Confini che legano ed imprigionano in anime collettive, proiettando all’esterno ombre sinistre prodotte dallo stesso soggetto che ignora di esserlo e che innalza altre barricate tra sè e il mondo.

Le immagini sono rese magnificamente da un corpo di ballo ispirato ed energico composto da sei elementi maschili dalle complementari sfumature cromatiche: Carlo Pacienza, Leopoldo Guadagno, Giuseppe Ranieri, Antonio Bisogno, Nyko Piscopo, Kevin Bhoyroo, e dall’unico elemento femminile, anima lirica dell’opera, interpretata da Luisa Signorelli che ne modula sapientemente la vis drammatica.

Il viaggio dell’uomo con i suoi confini si dipana attraverso i richiami tribali di lotte ancestrali, divinità solari e caldi bagliori di un’Africa madre, attraversa l’oscurantismo di un progresso freddo e metallico, ma anche gli eroici aneliti di libertà, attimi di elevazione verso altezze originarie indicate dall’anima del mondo, che squarciano il buio di gabbie interiori, di nuovo soffocati da paure ed automatismi.

Fino a quando? Fino a che i personaggi ritornano persone ed il gioco è svelato, le convenzioni si sgretolano, cadono i confini di quella commedia che è la storia dell’uomo, in un finale autoironico e di grande effetto: i danzatori ringraziano il pubblico in piena azione danzante, ci sovviene la commedia francese e la sua benedetta, soave leggerezza laddove scioglie le tensioni in un finale di risolutiva e disarmante semplicità.

La composizione è di ampio respiro e con diverse chiavi di lettura, come molteplici sono i piani su cui si svolge l’azione coreutica, una sinfonica alternanza di testi e sottotesti coreografici che sviluppano il tema del titolo con una ricchezza espressiva che fonde danza, musica ed arti figurative per uno spettacolare risultato la cui verace portata antropologica arriva allo spettatore in profondità.

Mirabili i costumi, visionari e postmoderni, ben si amalgamano con i video che in alcuni momenti accompagnano emblematicamente la coreografia sullo sfondo: pianeti, lune e soli, geometrie che si rincorrono e ricompongono a ben accompagnare astrazioni siderali oppure i nevrotici intrecci di umani pensieri. Le luci disegnano atmosfere, lievi e drammatiche, a completare gli efficaci periodi di un elaborato artistico dalle innumerevoli sfaccettature emozionali, riflettenti i percorsi interiori del nostro tempo.

Paola Sarto

Foto: Massimo Danza

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